Palio di Asti: le opinioni di Marcello Coppo
Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni del vicesindaco Marcello Coppo sul Palio di Asti.
Chi mi conosce sa che sono nato a Portacomaro Stazione, territorio del Comune di Asti non inserito in un rione del Palio e probabilmente per questo non ho una passione paliofila. Una zona franca tra San Lazzaro e Castell’Alfero.
Viste le grandi polemiche politiche che stanno intasando i giornali però, la mia passione che è la politica mi porta a parlare di Palio, magari con una visione un po’ distaccata, pragmatica e fredda ma è la mia personale, non del partito che rappresento, non del vicesindaco e ben disponibile a fare una sintesi con gli altri Fratelli d’Italia di Asti e della Provincia.
Partirei da delle premesse.
Ad Asti non mi paiono la maggioranza quelli che si interessano di Palio, forse è un problema o forse no ma ritengo che sia un dato di fatto.
Il Palio ha un deficit di circa 200mila euro e pertanto ogni cittadino del Comune di Asti (non degli altri comuni che partecipano) spende circa 3 euro all’anno per il Palio, tutti, compresi quelli che non si interessano della manifestazione. Tali fondi potrebbero essere utilizzati per altre necessità come fossi, manutenzioni ordinarie, servizi sociali, istruzione, etc…. Con questo non sto dicendo che si dovrebbe non fare il Palio, ma solo come stanno le cose. Per esempio la presentazione telematiche delle pratiche edilizie slitterà a gennaio 2020 (necessari circa 50mila euro) e la telematizzazione dell’archivio urbanistico (necessari circa 350mila euro) non si riuscirà a fare se non in qualche anno proprio perché mancano le risorse e con due anni di Palio, si potrebbero invece realizzare in toto. Questo è solo un esempio.
Il Palio, nel corso della sua secolare storia, è mutato molte volte, sia per la partecipazione di soli rioni del Comune, sia per la partecipazione di diverse corti europee, sia nel percorso etc.. Il Palio però è sempre stata una manifestazione di forza e potenza di un territorio e di una comunità, un mezzo per accreditarsi e promuoversi. Ogni volta che mutavano le condizioni, mutava il Palio.
Oggi dobbiamo pertanto capire che natura ha il Palio: deve essere una manifestazioni per pochi o un formidabile strumento di rilancio della città?
Deve essere un mondo chiuso o un’opportunità per aprirsi al mondo, specialmente in chiave turistica? Deve essere pagata a prescindere dai risultati per tutti i cittadini o può farsi interprete della volontà di reinterpretare le sfide economiche e sociali di Asti?
Belle domande ma che richiedono risposte coraggiose.
Io non vorrei fuggire da queste domande, come mia abitudine specialmente se le domande me le pongo da solo, e quindi aizziamo un po’ la polemica da tifo e da propaganda ma con la speranza che se ne possa parlare anche senza pregiudizi.
Una diretta Rai vale 200mila euro e quindi riuscire a trovare una formula che la permetta è solo buon senso. Magari la formula giusta non è questo esperimento 2019, difficile dirlo se sul tavolo non ci sono alternative e una possibilità può essere quella di far diventare la terza batteria una qualificazione alle prime due dell’anno dopo, a prescindere da rioni cittadini o dei comuni della provincia.
I fantini costano, i cavalli costano, le vittorie costano, tutte sommate, costano ben più di 10mila euro a partecipazione. La prima base potrebbe essere l’acquisto dei cavalli da parte del comune e la loro distribuzione ai rioni, calmierando i prezzi e facendo risparmiare i singoli rioni e utilizzare tale risparmio per abbattere i costi. Nessuno spende di più. Non si volesse perseguire tale strada, si inserisce un costo di iscrizione, tale strada lascia certamente più libertà ai rioni ma aumenta per loro i costi.
Se ci sono città importanti che vogliono partecipare al Palio fuori dai rioni già ammessi, si indicano già quanti possono aggiungersi alla terza batteria e, fissato il prezzo minimo di partecipazione, si può anche effettuare un’asta in caso di più pretendenti. Una città importante non può che aiutare a promuovere il Palio e di conseguenza il turismo ad Asti, entrando nella sfida e potendosi accreditare per le prime due batterie dell’anno successivo (in caso di qualificazione), dando così continuità.
So che per diverse persone paliofile sto bestemmiando ma so anche che per molte altre sto facendo ragionamenti di buon senso, quello che spero però è che le diverse posizioni si confrontino e non si scontrino. Con la buona volontà di tutti, si potrà trovare una soluzione che salvi capra e cavolo, almeno nel rispetto di tutti quelli cittadini di Asti che 3 euro all’anno le spendono comunque anche se al Palio non ci credono.
Marcello Coppo