Vitigni resistenti: il punto sulle scoperte nel convegno scientifico promosso da Cia Asti
Tra i relatori il direttore del CREA-VE Riccardo Velasco e i ricercatori del CNR di Torino
ASTI – Nell’arco di pochi anni potremmo avere vitigni piemontesi resistenti alle malattie e al cambiamento climatico. La ricerca scientifica sta facendo enormi passi avanti. Ci lavorano i ricercatori del CNR-IPSP (Istituto per la protezione sostenibile delle piante) che ha sede a Torino, in collaborazione con il CREA-Ve, il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura- Viticoltura Enologia che fa capo al Masaf. Se n’è parlato il 19 maggio in occasione del convegno scientifico organizzato da Cia Asti nell’aula magna dell’Istituto tecnico Penna.
<Abbiamo già in campo 10.000 piante figlie di Glera che hanno nel loro Dna più di 5 geni di resistenza a fitopatogenti come l’oidio o la peronospera e stiamo lavorando sulla flavescenza dorata>, ha spiegato Riccardo Velasco, direttore del CREA-Ve. I risultati sono il frutto del progetto Biotech promosso dal Ministero dell’Agricoltura nel 2016, da poco arrivato alla sua conclusione. Le sedi del CREA hanno lavorato per migliorare il Sangiovese in Toscana, il Primitivo e l’Aglianico del Vulture in Puglia dove si è fatta sperimentazione anche sull’uva da tavola per ottenere varietà senza semi.
A fine 2020 in Piemonte sono state registrate 4 nuove varietà “resistenti” da vitigni internazionali <ma ci interessa moltissimo lavorare su vitigni autoctoni come il Nebbiolo e la Barbera>, ha precisato Velasco.
Su questo sono molto avanzati gli studi condotti dal gruppo di ricerca del CNR-IPSP con Giorgio Gambino, Irene Perrone e Chiara Pagliarani – che grazie ad una tecnica innovativa di genome editing ha prodotto nuovi cloni di Nebbiolo potenzialmente resilienti a diverse patologie <mantenendo inalterate tutte le caratteristiche qualitative e agronomiche>, hanno segnalato i ricercatori. Cosa manca? <La possibilità di confermare i risultati mediante analisi in un ambiente controllato e con test in campo che per il momento la legislazione europea e italiana non consentono>, dicono i ricercatori.
Ha meno vincoli il lavoro su varianti clonali che “mutano” in modo naturale, migliorando la resilienza agli stress ambientali. Una ricerca in questo senso sta coinvolgendo l’azienda agricola sperimentale di Agrion, Tenuta Cannona a Carpeneto (Al), nell’ambito di un progetto regionale. <La ricerca è a uno stato avanzato – ha spiegato Gambino – a breve dovremmo avere il materiale necessario per procedere agli innesti>.
Il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato ha in corso il progetto AGEBA che coinvolge l’Università Cattolica di Piacenza: l’obiettivo è individuare e mettere a dimora piante di Barbera più resistenti alle mutate condizioni climatiche che conservino le potenzialità enologiche della cultivar. Lo studio della composizione chimica delle uve ottenute nei vigneti preclonali è in capo alla sede astigiana del CREA.
<Le aziende hanno bisogno di arrivare velocemente ad una soluzione con nuove tecnologie – ha detto Domenico Mastrogiovanni, referente nazionale della vitivinicoltura per Cia – le innovazione devono uscire dai laboratori e andare in campo. La normativa deve essere adeguata, ci va coraggio anche a livello regionale. La flavescenza è cresciuta enormemente negli ultimi due anni nelle principali aree viticole del paese, dal Piemonte al Veneto alla Toscana. Se non garantiamo alle aziende un reddito, rischia di scomparire un intero settore che rappresenta storia tradizioni cultura e paesaggio>. Il direttore di Cia Asti, Marco Pippione ha sottolineato: <Alla luce degli studi presentati questa mattina siamo più che mai convinti di quanto sia necessario approfondire velocemente tutte le opportunità che la scienza ci offre: si tratta infatti di tecniche che non compromettono la matrice autoctona dei nostri vitigni ma consentono loro di vincere le nuove sfide ambientali e climatiche>.Gabriele Carenini, presidente di Cia Piemonte, ha aggiunto <se vogliamo un’agricoltura di nicchia, performante come la conosciamo oggi dobbiamo difenderci da agenti atmosferici e fitopatologie, acceleriamo la legge che apre alla sperimentazione in campo>. Dall’assessore regionale all’Agricoltura e al Cibo, Marco Protopapa un messaggio di apertura alle nuove tecnologie: <La ricerca scientifica va aiutata – ha sottolineato – dal ministero abbiamo avuto risorse insufficienti per finanziare il reimpianto dei vigneti distrutti dalla flavescenza: appena 170 mila euro. Insieme ad altre Regioni abbiamo già chiesto al Governo di poter destinare i fondi agli studi in corso>.
Non esiste la soluzione assoluta <ma il contributo di molte strategie in sinergia (biostimolanti, protocolli biologici, vitigni resistenti, genoma editing) ci potrà aiutare a raggiungere l’obiettivo europeo della Farm to Fork: ridurre del 50% l’utilizzo di pesticidi chimici>, conclude Velasco.