Scomparsa la staffetta Adelia Pastene Gerbi

Questa mattina i funerali a Rapallo, poi il feretro raggiungerà il cimitero di Isola Villa

ISOLA D’ASTI – Ieri è scomparsa la staffetta partigiana Adelia Pastene Gerbi (Adele). L’anno scorso aveva compiuto cent’anni. I funerali questa mattina a Rapallo, dove viveva con le figlie Mariella e Daniela.

Più avanti l’intrepida staffetta, originaria di Calamandrana, raggiungerà l’amato marito, Giuseppe Gerbi (Leo), comandante partigiano del Gruppo Leo, Brigata Rocca d’Arazzo, II Divisione Langhe. Si ritroveranno così, dopo molti anni di lontananza, nel cimitero di Isola Villa, di cui Gerbi era originario e a cui il paese di Isola d’Asti anni fa aveva dedicato una piazza.

A ricordo di Adelia Pastene Gerbi, riportiamo la toccante testimonianza che la giornalista Laura Nosenzo aveva scritto nel 2021 nel libro “Io c’ero. Cinquantuno storie dal fascismo alla liberazione” (Araba Fenice). Sulla copertina, Adele appariva stringendo la fotografia di lei staffetta con alcuni partigiani insieme ai quali aveva combattuto il fascismo.

Il lasciapassare dell’intrepida Adele     

Ho camminato tanto, ma tanto. E pedalato. Chilometri di strada da sola, ogni volta, con i messaggi nel reggiseno da consegnare a questo e a quel comandante, o con partigiani e renitenti che dovevo accompagnare dove non avrebbero saputo arrivare.

Io potevo andare dappertutto: avevo con me il lasciapassare del Comando regionale tedesco di Torino per il mio lavoro alla Fiat. Arrivavo dove volevo, quando incontravo i fascisti tiravo fuori il permesso e dicevo sicura di me: “Sto andando a lavorare”. Magari, invece, ero appena partita per portare un messaggio di Leo, il mio comandante.

Alla Fiat erano i tempi di Vittorio Valletta. Ero impiegata agli Uffici Bilanci e avevo una certa libertà di movimento, potevo andare e venire, a volte stare fuori anche qualche giorno, nessuno mi controllava. I Pastene alla Fiat li conoscevano bene, oltre a me vi lavoravano i miei genitori e gli zii.

Dunque da Torino partivo in treno con il lasciapassare, raggiungevo Asti e da quel momento da Adelia che mi chiamavo diventavo Adele la staffetta.

Tante volte non c’era niente da nascondere sotto la camicetta perché il messaggio era a voce, parole che ripetevo dentro di me mentre camminavo fino a quando non arrivavo a destinazione partendo da Mongardino, dove la popolazione ci ha sempre aiutati: Vigliano, Agliano, Montegrosso, Bruno, Calamandrana, Nizza, Alessandria. Altre volte non portavo biglietti e non accompagnavo nessuno, ma svolgevo altri compiti, ero brava a trovare cibo per i partigiani, non avevo vergogna di chiedere.

L’impresa più audace è stata con Luigi Garrone, Sfregiato, quando con un calesse, trainato da cavallo da corsa preso ai tedeschi, siamo andati a recuperare a Nizza Monferrato un sacco di pasta e uno di riso dopo un viaggio durato sei ore e aver incrociato truppe di occupazione e camicie nere.

Avevo 21 anni nel 1944. Ai miei non ho mai detto che stavo con i partigiani, non sapevano nulla. Li salutavo dicendo che andavo a Isola d’Asti da mia zia Pina, la mamma di Leo, Giuseppe Gerbi, mio cugino. Conoscevo bene quei posti, sono nata a Calamandrana e per anni vi abbiamo passato l’estate.

Erano tempi duri, stavo continuamente in mezzo al pericolo, ma senza paura, guidata da un unico pensiero e da tutta la volontà possibile: fare qualcosa per il mio Paese. Quello del comandante Leo era un gruppo di partigiani molto unito, ho vissuto tanto con loro, ci volevamo bene. Leo, poi, l’ho amato. Ma dopo la guerra, e quando l’ho conosciuto mi ha fatto venire il nervoso. Nella nostra famiglia c’erano tanti cugini, io ero affezionata a Angelo, suo fratello, che un giorno ci presentò. “Sai chi è? – chiese a Leo – E’ Adelia, tua cugina…”.

“Una delle tante?” commentò lui.

“Che? Una delle tante?! – pensai stizzita – Lo odio, questo pezzetto di ufficiale…”.

Giuseppe aveva fatto la guerra sul fronte occidentale e poi in Tunisia, dove era stato ferito. La Resistenza doveva ancora arrivare. Mi tenni sullo stomaco, per anni, quella battuta infelice e intanto iniziò la nostra stagione di combattenti per la libertà. Dopo la guerra Leo si dichiarò e io mi presi la rivincita: gliela feci trovare lunga. Ci sposammo nel 1947.

Il gruppo della Brigata Rocca d’Arazzo si disperse, ognuno ricominciò a modo suo: chi rimase, chi emigrò. Nel 1948 Nino Pusterla, Beca, mi spedì da Oslo una fotografia: sette partigiani con la loro staffetta, che ero io. Adele sorrideva spigliata in mezzo a loro. Tre anni erano passati dalla Liberazione e c’era chi ancora si ricordava della ragazza del lasciapassare! I partigiani di Leo continuavano a essere una grande squadra.

Oggi, come allora, guardo la fotografia con tenerezza e orgoglio. E’ passato molto, molto tempo.

Adelia e Adele rimangono sempre della stessa idea: la libertà è un bene da difendere, sempre.

E allora, come adesso, questo è tutto quel che conta.

Adelia Pastene Gerbi, Adele, classe 1923

staffetta Gruppo Leo, Brigata Rocca d’Arazzo, II Divisione Langhe

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