“Popillia japonica, che fare?”: se n’è parlato al Convegno Tecnico-Scientifico promosso da Coldiretti Asti
ASTI – Si è parlato di Popillia japonica mercoledì al Convengo Tecnico-Scientifico organizzato da Coldiretti Asti al Mercato Contadino di Campagna Amica.
Ospiti e relatori l’entomologo del Settore Sanitario della Regione Piemonte Giovanni Bosio, il professor Vincenzo Gerbi del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, il Responsabile Tecnico Coldiretti Asti Antonio Bagnulo e il viticoltore nonché enologo novarese Claudio Cominoli della Cantina Comero di Sizzano, con introduzione del Direttore Coldiretti Asti Diego Furia e le conclusioni del Presidente Monica Monticone.
Approdata per la prima volta in Italia nel 2014 nella zona del Novarese, la Popillia japonica è arrivata anche nell’Astigiano facendo la sua prima comparsa due/tre anni fa. Com’è noto, trattasi di un coleottero scarabeide particolarmente invasivo, che si nutre di oltre 300 diverse specie vegetali, risultando particolarmente ghiotto della parte vegetativa di viti e noccioli.
In assenza di limitatori naturali efficaci (nematodi, imenotteri, ditteri, uccelli, ecc.), le soluzioni possibili vanno ricercate tenendo conto del ciclo biologico della Popilia japonica, nonché degli ambienti e delLe condizioni favorevoli alla sopravvivenza delle uova e allo sviluppo delle larve.
Al momento, le misure più efficaci consistono nei trattamenti con insetticidi di sintesi, da utilizzare sull’intera chioma e da differenziandoli a seconda del tipo di infestazione e di vigoria vegetativa. Soluzioni che agiscono anche contro lo Scophoideus titanus, la cicadellide vettore di Flavescenza Dorata. “Tuttavia – precisa Bagnuno – occorre sempre agire in maniera ragionata e coadiuvare gli interventi con azioni di monitoraggio, nonché previa l’eliminazione di focolai in forma manuale/meccanica”.
“In zone a elevata infestazione è bene evitare di trattare alla comparsa dei primi adulti, in quanto si corre il rischio di dover intervenir più volte” ha spiegato Bosio; “gli interventi vanno effettuati quando si superano i 20/30 adulti per vite, tenendo conto che la vite sopporta una certa defogliazione (fino al 20/25%), mentre con la vegetazione ridotta (es. causa siccità) è bene anticipare. Infine, è possibile intervenire in forma localizzata su singoli filari o le parti maggiormente infestate; l’importante è proteggere i nuovi impianti evitando la defogliazione delle barbatelle”.
Difficile, invece, la gestione dei vigneti biologici in quanto, al momento, le soluzioni naturali sono di scarsa efficacia. “Per chi conduce in bio, si può ricorrere al Caolino prima della comparsa degli adulti; tuttavia, tale roccia sedimentaria è dilavabile e non uccide la P. japonica. Poco efficaci o, meglio, da perfezionare anche i prototipi di meccanizzazione”.
“In prospettiva – ha concluso Bosio – la ricerca è concentrata su nuove tecniche di controllo e su prodotti insetticidi/repellenti, nonché sull’introduzione, tuttavia complessa e con tempi medio-lunghi, di limitatori naturali; per le piccole colture, si possono impiegare reti antinsetto”.
“A oggi, le zone infestate nell’Astigiano sono quelle rientranti nel quadrante nord-est, incluso il Comune di Asti – ha spiegato Bagnulo. Vi è poi una zona cuscinetto che riguarda il restante territorio astigiano, esclusa la Valle Bormida. Finora, non abbiamo rinvenuto situazioni caratterizzate da danni gravi, ma le prospettive per il prossimo anno potrebbero essere diverse, a causa delle precipitazioni piovose di queste ultime settimane, favorevoli all’ovideposizione. Come servizio di assistenza tecnica seguiremo attentamente la situazione al fine di realizzare tempestivamente le attività di monitoraggio e di assistenza in stretta collaborazione col Settore Fitosanitario. Particolare attenzione andrà adoperata anche in ambito vivaistico, per evitare il diffondersi delle uova e delle larve”.
“La Popillia japonica è l’ennesimo problema enoico da affrontare, più dal punto di vista viticolo che enologico – ha precisato Gerbi -. Se l’infestazione è limitata lo sono anche i danni enologici, che si manifestano con un rinforzo della componente fenolica e con un leggero aumento dell’acidità; naturalmente, nel momento in cui le foglie dovessero mancare in forma rilevante andremmo incontro ad una produzione di scarsa qualità”.
“Come Consorzio di tutela dei Nebbioli dell’Alto Piemonte, lo scorso anno abbiamo avviato un progetto mirato al monitoraggio e all’intervento contro Popillia utilizzando droni – ha spiegato Cominoli riferendosi al progetto che coinvolge Regione Piemonte, Arpa e Università di Torino, tra gli altri -. Al primo anno di sperimentazione abbiamo visto che i droni riescono a rilevare la presenza della Popillia a 100 metri di altezza, quindi, quest’anno abbiamo implementato l’utilizzo del drone e, con le deroghe concesse, abbiamo potuto far intervenire un secondo drone per andare a spruzzare in maniera mirata sul vigneto prodotti in grado di debellarne la presenza”.
“Il problema c’è e non va sottovalutato” ha concluso il Presidente Monticone; “per fronteggiarlo non devono mancare le risorse pubbliche al fine di consentire la realizzazione delle azioni necessarie al contenimento/contrasto senza gravare sulle aziende”.
“È stato un bel pomeriggio pragmatico, denso di testimonianze importanti da parte di esperti nonché di chi, da prima di noi, si è confrontato con questo problema – ha apprezzato il Direttore Furia -. L’impegno di Coldiretti va nella direzione della non sottovalutazione del problema e nella riprogrammazione di ulteriori incontri, necessari a maturare maggiore consapevolezza in materia per intervenire nei metodi e nei tempi giusti, per la tutela il territorio. Anche in questo caso, come per il cibo sintetico e per il nutriscore, Coldiretti Asti ha scelto di dare voce alla scienza super partes, per individuare le linee da adottare”.