Operazione “Sabaudus” contro i bocconi avvelenati
In azione 13 Unità Cinofile Anti-veleno dei Carabinieri Forestali su aree tartufigene, di caccia e pascoli. Nell’Astigiano controllate aree a Calosso, Celle Enomondo, Cerreto, Montafia, Nizza Monferrato
Nella provincia di Cuneo e nei limitrofi territori dell’Astigiano e del Savonese si è svolta nei giorni scorsi una vasta campagna di controlli grazie a 13 Unità Cinofile Antiveleno provenienti da varie regioni italiane, congiuntamente ai Carabinieri Forestali dei luoghi.
Per fornire una risposta preventiva rispetto alla problematica del rilascio delle esche avvelenate il Comando di vertice delle Unità Forestali, Ambientali ed Agroalimentari dei Carabinieri ha disposto tale campagna quale forte deterrente all’odiosa pratica nelle aree più a rischio per un totale di 41 ispezioni eseguite e circa 150 km di percorsi effettuati dai cani in ricerca.
In particolare, per quanto riguarda il cuneese, sono state battute l’area di Demonte in Valle Stura, l’Alta Val Tanaro (comuni di Briga Alta e Ormea), il comune di Oncino in Valle Po, nonché alcuni comuni dell’albese ed il cheraschese. In val Tanaro l’attività è stata svolta congiuntamente ad unità cinofile e guardia parco di partner istituzionali (Parco regionale Alpi marittime, Parco regionale Alpi Cozie, Città metropolitana di Torino).
In provincia di Asti sono state controllate le aree nei comuni di Calosso, Celle Enomondo, Cerreto, Montafia, Nizza Monferrato; in quella di Savona alcune zone a rischio nei comuni di Piana Crixia e Cosseria in Val Bormida.
I target sono stati individuati sulla base delle problematiche sottese al fenomeno del rilascio dei bocconi avvelenati. A questi infatti ricorrono soggetti malintenzionati che intendono “liberare” le aree di caccia dai predatori (lupi in primis), oppure i pascoli per evitare predazioni. Una terza fattispecie è quella relativa all’ambito dei cercatori di tartufi per rivalità interne. Infatti a subire le conseguenze di tali pratiche non sono solo i predatori selvatici presenti in natura (lupi, volpi ad esempio ma anche aquile) ma pure i cani domestici come appunto i cani da tartufi o quelli da pastore o ancora gli ignari cani a semplice passeggio, i quali indistintamente trovano quasi sempre la morte tra atroci sofferenze.
I dati statistici forniti dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Ministero della Salute riportano, per l’ultimo biennio disponibile (2019-20), ben 270 segnalazioni positive al veleno nel solo Piemonte.
A fronte dunque di tale detestabile fenomeno l’Arma dei Carabinieri mette in campo l’elevata specialità dei cinofili anti-veleno capaci di ricercare esche e veleni e bonificare dunque aree a rischio a servizio degli enti territoriali e a supporto delle attività investigative conseguenti.
Infatti il rilascio sul territorio di bocconi avvelenati costituisce grave violazione di natura penale al pari delle altre forme di bracconaggio e può configurarsi quale delitto di cui all’art. 544 bis del Codice Penale se ne consegue la morte dell’animale, con la pena prevista della reclusione da quattro mesi a due anni.
Attualmente sono operanti in 13 regioni italiane complessivamente 17 unità cinofile anti-veleno Carabinieri con 22 cani complessivi (pastori belga malinois e labrador) che, conseguita la specializzazione dopo un periodo addestrativo specialistico della durata di 6 mesi, supportano le attività dei Carabinieri Forestali e mettono in sicurezza tutte le aree a rischio segnalate.
Le prime unità cinofile sono state specializzate nell’ambito di progetti “Life” dell’Unione Europea (WolfAlps, WolfAlps EU, Pluto e Medwolf).