Moise, nato con la matita

Il fumettista che “graffia” per strappare un sorriso

moise-nato-con-la-matitaASTI – Questa settimana vogliamo compiere con voi un viaggio tra umorismo e satira. A guidarci sarà Paolo Moisello, conosciuto come “Moise”. Un uomo gentile, scherzoso, curioso e preparato. Com’è lui, così sono i suoi fumetti.

Non c’è nulla di serio nelle sue storie, e questo è davvero un segno di quanto sia serio.

I suoi “graffi” si muovono tutti sul filo del grottesco: un insieme di storie bizzarre che giocano con i temi dell’attualità, della politica e della religione, accompagnando il lettore a riflettere in maniera divertita sui fardelli della retorica tradizionalista. Il suo lavoro affascina per l’apparente semplicità con cui viene svolto e per la qualità dei contenuti, accessibili a tutti: Moise ha sempre una risposta a tutte le notizie che scorriamo.

Di origine genovese e astigiano d’adozione, il vignettista-fumettista appassionato di enigmistica si racconta brillantemente sulle nostre pagine, facendoci immergere in una fiaba che vorremmo continuare a leggere. Mettetevi comodi: il viaggio nella fantasia sta per iniziare.

Moise, c’è chi nasce con la camicia e chi con la matita, come te.

Sono stato sempre un appassionato di fumetti e i mitici Topolino, Geppo, Nonna Abelarda e Popeye sono stati i miei Obi-Wan-Kenobi. Ho cominciato a copiare topi, paperi & company, poi ho deciso di far vivere loro avventure inedite che mi inventavo sul momento… e da allora non ho più smesso di scarabocchiare!

Parliamo del sesto senso che hai innato ed evoluto, la fantasia.

Penso che la fantasia sia una componente fondamentale dell’essere umano. Fin da bambini giochiamo a: “Facciamo che… io sono un pirata e tu un astronauta e cerchiamo il tesoro misterioso”. È la fantasia a permetterci di guardare il mondo con occhio ironico e sorridente. Creiamo universi, portando entusiasmo in una realtà che a volte risulta un po’ grigia e noiosa. Immaginiamo infiniti “What if?”, ossia “Cosa succederebbe se…”, e a volte riusciamo davvero a cambiare il mondo. Tutte le piccole e grandi invenzioni nascono da un atto di fantasia!

Cos’è l’umorismo per te?

Mi piace trovare il lato sorridente della realtà e metterlo in luce. L’umorismo può declinarsi sotto forme più “graffianti”, e allora ciò che induce il sorriso è la constatazione dei contrasti e delle assurdità del mondo, mentre altre volte lo humor è puro nonsense, poesia o infantile stupefazione di fronte all’universo. Il grande attore e scrittore siciliano Pino Caruso osservava: “Dicono che le sofferenze migliorano l’uomo. Visti i risultati, proverei con la felicità”. È quello che cerco di fare.

Come nasce un tuo “graffio”?

Alla mattina mi preparo una grande tazza di caffè e mi metto a scartabellare virtualmente le pagine dell’Ansa e dei principali quotidiani. Cerco qualcosa, una notizia, un titolo, uno strillo che mi ispiri, e quando l’ho trovato ci lavoro su: un primo schizzo a matita, un abbozzo di battuta e poi definisco il tutto con più calma. In questo lavoro mi è indispensabile il confronto con la mia compagna Viviana, che mi permette di “aggiustare il tiro” eliminando particolari inutili o testi troppo verbosi (sono un gran chiacchierone anche nei disegni), e facendo venir fuori la versione definitiva che deve essere immediata e comunicativa.

Perché si parla di graffi e non di vignette?

Avete mai rotto le scatole a un gatto? Non reagisce con roboanti latrati né si esibisce in grandiose pantomime. Semplicemente vi guarda con minacciosa intensità e poi zac!, sguaina gli artigli e vi rifila una bella sgraffignata. Il Graffio è una categoria della vignetta che usa le armi dell’ironia, dell’immediatezza e del paradosso, rigettando la pesantezza del sarcasmo o la cupezza di un certo black-humor.

 

Cosa ritraeva, se lo ricordi, la tua prima vignetta e che età avevi?

Mi par di ricordare di aver ritratto dal vivo un Mammuth sulla parete di una caverna… Scherzi a parte, ho sempre disegnato e quindi mi è praticamente impossibile ricordare la prima vignetta. Probabilmente il soggetto sarà stato un qualche Paperino o Topolino, oppure un alieno tentacoluto di Aldebaran Beta… ma non ci giurerei!

Chi è (o è stato) il tuo “maestro”?

Abbiamo un paio d’ore di tempo? Come tutti i viaggiatori del FantaMondo ho avuto con me tantissimi Virgilio, dall’Uomo dei Paperi Carl Barks ai formidabili cartoonist Mort Walker (Beetle Bailey) e Dik Browne (Hagar the Horrible). Ho ammirato l’essenzialità ironica di Quino (Mafalda) e la sintesi di Schultz (Peanuts). In Italia adoravo Bonvi (Sturmtruppen), Rebuffi (Pugacioff) e Dossi (Geppo BuonDiavolo). In generale ammiro chiunque riesca a coniugare semplicità, eleganza e immediatezza con un mood ironico e sorridente. Fra i cartoons recenti ho un debole per Masha & Orso, Peppa Pig e Curious George; quest’ultimo, a mio avviso, è un meraviglioso mix di humor e gentilezza.

 

Che valore ha la carta per te? Usi piattaforme super tecnologiche o disegni tradizionalmente su foglio?

Chiedo scusa all’Amazzonia, ma adoro la carta. Un tablet non si può smanacciare, ciancicare, spiegazzare, annusare… E poi ho le mani di pastafrolla: se ti cade un giornale cartaceo lo raccogli e basta, mentre se ti cade lo smartphone, si sfracella e sono tecnologici guai!

Per quanto riguarda il mio modus operandi, disegno rigorosamente a matita su carta, poi scansiono, impagino, coloro e metto i testi mercé “zio” Photoshop, perché va bene esser vecchioni tradizionalisti, ma pure la tecnologia ha i suoi bei vantaggi.

Qual è la linea di confine? Dove la vignetta diventa di cattivo gusto, se mai lo diventa?

Personalmente detesto la violenza e la volgarità, il sarcasmo urlato, la cupezza rassegnata e l’estetica bellicosa e bombardona, chi pensa che basti sbraitare “cacca” e “vaffa” per far ridere. Preferisco di gran lunga l’allusione ironica, l’understatement e il senso dell’assurdo. Mi rendo conto che non è una strada facile, ma penso valga il cimento!

 

Il valore di insegnare, soprattutto oggi, durante la pandemia.

Sono un chiacchierone e amo tantissimo raccontare il FantaMondo in cui passeggio ogni giorno. Allo stesso tempo adoro ascoltare il feedback dei miei allievi della Scuola di Fumetto di Asti, gironzolare fra i banchi e vedere in tempo reale le idee che passano dalle teste alle matite.

La pandemia è una formidabile rottura di… pastelli, ma mi son reso conto che è possibile mantenere il filo narrativo con gli allievi e con i loro universi anche utilizzando metodi alternativi!

L’ultimo corso di Humor Comics, per esempio, si è svolto a cavallo della pandemia: la prima metà in presenza e la seconda parte via mail e YouTube. Ho preparato il testo delle varie lezioni, allegato esempi disegnati e la classe ha risposto con un profluvio di esercizi. Come disse l’attore Gene Wilder nel film Frankenstein Junior: “Si-può-fare!”.

 

Cosa ti aspetti dal futuro e quale messaggio vorresti lanciare ai tuoi allievi?

“Keep on doodling!”, ovvero “Continuate a scarabocchiare!”. La frase è del vignettista americano Bruce Blitz, ma concordo pienamente. Finché avremo voglia di immaginare nuovi universi, situazioni divertenti, pazze e persino poetiche, finché avremo una matita e un po’ di carta (anche una tavoletta grafica può andare), il futuro continuerà a essere la dimensione del Possibile, una frontiera inesplorata e una formidabile astronave per arrivare coraggiosamente là dove nessuno è mai giunto prima.

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