“Mi aiuti o non mi aiuti?”: i risultati del questionario di SOS Donna e l’analisi dei dati
L’obiettivo è misurare le scelte dei ragazzi nei confronti di una ragazza/donna vittima di violenza: hanno risposto in 7555
ASTI – Sono 7555 gli studenti astigiani che hanno compilato il questionario “Mi aiuti o non mi aiuti?” proposto da SOS donna tra il 28 settembre e il 25 novembre. Un risultato straordinario, di gran lunga superiore a quello registrato l’anno scorso da un’analoga iniziativa rivolta alle scuole (“Ti rispetto”, dieci domande sulla violenza psicologica). Questa volta a rispondere sono stati 1147 ragazzini delle classi terze delle scuole secondarie di primo grado, per la prima volta coinvolti dalle azioni di SOS donna, e 6408 giovani delle secondarie di secondo grado. I quesiti vertevano intorno a questa tema: “Quanto siamo disposti ad aiutare chi subisce violenza?”.
Questa mattina al Consorzio socio assistenziale Cogesa di via Baroncini sono stati presentati i risultati del questionario e l’analisi dei dati, congiuntamente all’elenco dettagliato delle scuole che hanno aderito.
Dopo i saluti istituzionali di Davide Migliasso, presidente del Cogesa, e di Fabio Carosso, vicepresidente della Regione Piemonte, sono intervenute Laura Nosenzo, responsabile della comunicazione del Progetto SOS donna, e la pedagogista Elisa Lupano, già presidente onorario del Tribunale dei Minori di Torino. Le conclusioni sono state affidate a Sara Zambaia, consigliere regionale, vicepresidente del Comitato per i Diritti Umani e Civili del Consiglio regionale del Piemonte.
L’elaborazione dei dati e l’analisi delle risposte è stata effettuata dalla dottoressa Elisa Lupano, che collabora con l’Associazione Mani Colorate (contrasto al bullismo), presente sul sito web sos-donna.it insieme a tutti gli altri servizi astigiani che operano contro la violenza di genere.
Hanno contribuito al successo di “Mi aiuti o non mi aiuti?” l’Ufficio Scolastico Territoriale di Asti, i Dirigenti Scolastici delle molte scuole partecipanti, i docenti e naturalmente i giovani. Indispensabile l’apporto della Questura e dei Carabinieri nella stesura dei quesiti (tre rivolti alle scuole medie, cinque a quelle superiori), dei Consorzi socio-assistenziali Cisa Asti_Sud e Cogesa sui territori di loro competenza, del Consiglio regionale del Piemonte, che da tre anni, attraverso la Consulta delle Elette e la Consulta Femminile, sostiene il progetto SOS donna ideato dall’Associazione Agar. Significativo il fatto che la diffusione del questionario nelle scuole medie sia stata sollecitata da numerosi sindaci dell’Astigiano convinti che contro la violenza di genere occorra agire anche sotto il profilo della prevenzione. Di sicuro effetto, infine, il passaparola di cui si sono rese protagoniste le donne del Soroptimist di Asti dentro e fuori gli istituti scolastici.
Obiettivo del questionario
Misurare le scelte dei ragazzi nei confronti di una ragazza/donna vittima di violenza: attivare comportamenti pro-sociali o rimanere a guardare?
Questionari compilati 7555 di cui:
1147 delle scuole secondarie di primo grado
6408 delle scuole di secondo grado e degli istituti statali di istruzione per adulti
Domande e risposte
3 quesiti per le secondarie di primo grado e 5 quesiti per le secondarie di secondo grado.
Protagonista una donna vittima di violenza: la vicina di casa, l’amica del cuore, la giovane bullizzata, ecc.
Per ogni domanda 2 differenti risposte tra cui scegliere.
Le adesioni delle scuole
Secondarie di primo grado
Goltieri e Jona di Asti, Baldichieri, Buttigliera, Castagnole Lanze, Castelnuovo Don Bosco, Cocconato, Costigliole, Mombaruzzo, Montiglio Monferrato, Nizza Monferrato, Portacomaro, Refrancore, Rocchetta Tanaro, San Damiano, Villafranca, Villanova.
Studenti coinvolti: 1147 di cui 639 femmine (55,71%) e 508 maschi (44,29%).
Fasce di età:
13 anni: 839 (73,15%), 14 anni: 145 (12,64%), 15 anni: 163 (14,21%).
Leggi qui i quesiti e il risultato del questionario
Secondarie di secondo grado
Liceo Classico V. Alfieri, Istituto d’Arte B. Alfieri, Istituto Professionale Sella, Liceo Scientifico Vercelli, Istituto A. Monti, Istituto Tecnico G. Penna Agrario di Asti e Enogastronomico di San Damiano, Istituto Giobert, Istituto Castigliano, Istituto Artom di Asti e Canelli, Istituto Pellati di Nizza. Istituto statale istruzione per adulti CPIA di Asti più sedi principali di Canelli, Nizza, Villafranca.
Studenti coinvolti: 6408 di cui: 3667 femmine (57,23%) e 2741 maschi (42,77%).
Fasce di età:
14 anni: 1476 (23,03%), 15 anni: 1064 (16,60%), 16 anni: 1215 (18,96%), 17 anni: 1297 (20,24%),
18 anni: 1000 (15,61%), 19 anni: 203 (3,17%), 20 anni: 38 (0,59%), oltre 20 anni: 115 (1,79%).
Leggi qui i quesiti e il risultato del questionario
Compilazione
In forma anonima e individuale dal sito sos-donna.it dal 28 settembre al 25 novembre 2022.
Unici dati richiesti: Sei una ragazza? Sei un ragazzo? Quanti anni hai?
Importante! Agli studenti è stato specificato che quelle raffigurate rappresentano situazioni che non sono di fantasia, ma che tengono conto dei casi trattati, anche sul territorio astigiano, dagli operatori sociali e dalle forze dell’ordine.
L’analisi della pedagogista Elisa Lupano
Counsellor formatore supervisore, mediatrice familiare, scolastica, sanitaria, penale. Già giudice onorario del Tribunale dei Minori di Torino.
Alcune riflessioni sui risultati e qualche segno di speranza
Prima di dare un contributo di riflessione sui risultati emersi, mi sembra opportuno richiamare alla memoria qualche caratteristica del comportamento pro-sociale.
Sappiamo che se da bambini è più facile provare empatia e avvicinarsi a chi sta piangendo assumendo comportamenti atti a consolarlo, crescendo questa facilità diminuisce, perché influenzata da schemi comportamentali acquisiti con l’esperienza. Si tende a non avvicinarsi ad una persona vestita di stracci a terra che chiede aiuto, per il timore di venire ingannati dall’apparenza e essere derubati da questa. Rispetto all’intervento in situazioni di emergenza, spesso l’ambiguità della situazione inibisce l’agire del singolo, sentendosi inadeguato a capire a fondo la situazione, e solo se si avvicina qualcun altro allora si prende coraggio e ci si avvicina per aiutare.
Questi sono i comportamenti riscontrati in molti casi, ma a fronte di questi, se viene presentata una situazione ipotetica, rappresentante una condizione di pericolo per una persona, quali sono le risposte che si danno? Siamo più in grado di attivarci in aiuto delle persone in difficoltà quando queste sono situazioni reali o quando sono solo ipotizzate? E in particolare quali possono essere i comportamenti degli adolescenti, di ragazzi e ragazze in formazione e non ancora pienamente dentro alle vicissitudini del quotidiano?
Proprio queste domande sono venute in mente nell’analizzare i risultati del questionario.
Di fronte alle situazioni ipotizzate nei casi presentati, più del 90% dei ragazzi ha dato una risposta pro-attiva per affrontare il problema (chiedere l’intervento di un adulto, chiamare il 112, far intervenire le forze dell’ordine). Meno del 10%, in alcuni casi poco più del 5%, risponde che non sono fatti loro, che poi si daranno una calmata, che la cosa non li riguarda.
E i risultati dei questionari della scuola secondaria di primo e secondo grado sono perfettamente sovrapponibili, non ci sono differenze sostanziali. La maggioranza dei ragazzi tra i 13 e i 18 anni in caso di maltrattamenti, esclusione, prevaricazione di persone più fragili interviene. O dice che bisogna intervenire, il che non è poco. Dai dati del questionario non è possibile risalire alle risposte differenziate tra ragazzi e ragazze, ma comunque la percentuale è molto alta e fa presupporre che non ci siano grandi differenze tra i sessi.
Qualche approfondimento è possibile farlo, comunque, analizzando i dati emersi mettendo in comparazione i risultati delle risposte date dagli studenti della secondaria di primo grado con quelli della secondaria di secondo grado nei tre casi presentati in entrambi i questionari.
Anche se la percentuale di chi dice di intervenire è molto alta in entrambi i livelli di scuola, i risultati sono leggermente maggiori tra gli studenti della secondaria di secondo grado. Nel caso della ragazza esclusa in classe dalla leader, la fiducia nell’adulto, e la possibilità di rivolgersi a questi per intervenire e risolvere la situazione, è maggiore tra i ragazzi più grandi rispetto ai ragazzi di 13/14 anni, età in cui l’adulto è ancora considerato troppo lontano, di cui ci si può fidare solo se si ha avuto la possibilità di fare esperienza che può essere dalla “nostra” parte. Però si sa che è meglio intervenire, in qualche modo, perché in classe si vive tutti i giorni, e accettare passivamente i comportamenti di un leader negativo mette a rischio il benessere di tutti.
La mia esperienza con ragazzi e ragazze vittime di bullismo ed esclusione in classe mi dice purtroppo che la percentuale di “spettatori”, cioè quelli che vedono e sanno, ma non intervengono, è ancora molto alta. I risultati non fanno pensare a risposte non sincere, piuttosto a risposte che indicano un bisogno, anche una ricerca di sostegno, perché di questi episodi ne vengono segnalati sempre di più.
Minore (anche se di poco) è la percentuale di quelli che interverrebbero nei confronti di una vicina di casa. Essere protetto dalle mura domestiche costituisce un limite difficilmente superabile da parte di ragazzi e ragazze relativamente giovani che frequentano ancora le scuole. Può influire su questo l’età più giovane ma, come indicato in premessa, persiste il timore di intervenire in situazioni non completamente chiare, di cui non si hanno informazioni a sufficienza per procedere ad una segnalazione. Nello stesso tempo è importante che sia passata un’informazione chiara rispetto alla possibilità di segnalare una situazione di pericolo per qualcuno, come emerge dai risultati che indicano che più del 90% avrebbe segnalato il fatto attraverso una telefonata al 112.
Infine la percentuale più alta di chi interverrebbe (sempre con le dovute differenze tra primo e secondo grado scolastico) si riscontra nelle risposte alla situazione della ragazza straniera. Perché?
La vicinanza di età, fatti di cronaca recenti, la vita stessa degli studenti costellata di amici di culture diverse rende il termine “straniero” solo un’etichetta burocratica, essendo questi ragazzi per la maggior parte nati in Italia. La conoscenza di vite con culture diverse e le fatiche ad integrare modelli culturali familiari e modelli culturali del contesto in cui si vive fanno parte dell’esperienza dei ragazzi nelle scuole, sia per chi ha nazionalità italiana che per chi non ce l’ha. Questo ci fa ben sperare verso un’integrazione dal basso che arriva molto prima delle leggi e della burocrazia. E una ragazza di nome Fatima che viene schiaffeggiata è una ragazza come tutte le altre, e che va aiutata.
Un’ultima riflessione merita di essere fatta prendendo in considerazione le risposte dei ragazzi più grandi a tutti e cinque i quesiti proposti per loro.
Anche in questo caso la percentuale di risposte positive è molto alta, ma vale la pena fermarsi per qualche pensiero sulle differenze nelle varie situazioni. L’intervento nei confronti della ragazza straniera è sempre al primo posto, seguito dalla solidarietà in classe nei confronti della compagna esclusa, ed è di poco inferiore la percentuale di chi interverrebbe nei confronti della vicina di casa. Più bassa è la percentuale di chi darebbe sostegno alla ragazza ricattata dall’ex ragazzo: circa il 10% dichiara apertamente la sua non solidarietà con la frase “se l’è cercata” dando il via ad un processo di vittimizzazione secondaria molto comune ma tanto pericoloso in questi casi.
Anche la percentuale di chi interverrebbe nei confronti di episodi di discriminazione verso persone di diverso orientamento sessuale è meno elevata. Rispetto a questi temi i ragazzi che frequentano le scuole si dimostrano in generale aperti, ma persistono alcuni nuclei resistenti che considerano l’omosessualità un tabù, tollerabile, ma da non mostrare in situazioni pubbliche.
In sostanza le risposte ci fanno comunque ben sperare. Anche se una domanda dobbiamo farcela.
Allora perché tra le mura di casa persistono nella solitudine tante situazioni di sofferenza senza che nessun vicino chieda: “Come stai? Ti serve qualcosa?”. Perché, se gli adolescenti sono così attenti e pronti ad intervenire?
Una prima risposta si può dare in favore dell’informazione. Di questi argomenti, finalmente, si parla. A scuola, anche in famiglia a volte, e anche attraverso i media, le serie tv.
E anche se la maggior parte dei ragazzi che ha risposto in favore di un intervento attivo si trova in una fascia di età troppo giovane per agire concretamente in prima persona, gli studenti ci hanno dimostrato di essere consapevoli che si può fare qualcosa. E che una volta adulti questa voglia di intervenire possa non scomparire dai loro cuori e dalle loro menti, ma diventare azione concreta nei confronti di chi ha bisogno, nei confronti di situazioni di prevaricazione e soffocamento della libertà personale di chi si trova in condizioni di doversi difendere.
Da oggi i risultati di “Mi aiuti o non mi aiuti?” con l’analisi della dott.ssa Lupano sono pubblicati su www.sos-donna.it e verranno inviati alle scuole che hanno aderito.