Quattro arresti e sequestri per 26 milioni di euro per una maxi frode IVA
Stando a quanto appurato dalla Guardia di Finanza, gli indagati, operanti nell’ambito della commercializzazione di carburanti, avrebbero evaso IVA per 80 milioni di euro
ASTI – A chiusura di una lunga e complessa indagine – che ha impegnato il personale del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Asti e i funzionari dell’Agenzia delle Dogane della Direzione Interregionale per la Liguria, il Piemonte e Valle d’Aosta per quasi due anni – le “Fiamme Gialle” hanno ricostruito le molteplici transazioni che hanno portato a un giro di fatturazioni per operazioni inesistenti per complessivi 365 milioni di euro, attraverso cui è stata evasa IVA per oltre 80 milioni di euro.
Una maxi truffa, quindi, che nelle prime ore della mattina di ieri ha portato militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Asti ad eseguire 4 ordinanze di arresti domiciliari a carico di altrettanti componenti delle famiglie Usai e Nigido, imprenditori attivi nell’ambito della commercializzazione di carburanti. Contestualmente alle ordinanze restrittive, il GIP presso il Tribunale di Asti ha disposto l’esecuzione del sequestro preventivo di oltre 26 milioni di euro mediante blocco di conti correnti, quote societarie, beni mobili ed immobili riconducibili agli indagati ed alle molteplici aziende, in gran parte “cartiere” in realtà priva di qualunque connotazione societaria reale, coinvolte nell’associazione.
Il ruolo, fondamentale ai fini della frode, di queste ultime – in alcuni casi formalmente guidate da cosidette “teste di legno” che, firmando documenti in cambio di qualche centinaio di euro, erano del tutto ignare di essersi accollate l’incarico di amministratori di dette società – lo si comprende meglio analizzando l’iter della truffa. Si inserivano tra due soggetti reali – il cedente (fornitori di carburante con sedi in Croazia e Slovenia) e il cessionario (nel caso specifico, principalmente la “MKT Carburanti”, avente sede legale nel torinese ma amministrativa saldamente nell’Astigiano) – grazie a uno sfruttamenti distorto della normativa che, in caso di acquisti di beni in ambito comunitario, prevede che l’IVA del Paese di destinazione venga pagata dall’azienda acquirente.
Le cartiere si collocano esattamente in mezzo a queste due figure: il cessionario cedeva formalmente a una delle cartiere il bene (il carburante), che le cartiere formalmente rivendevano poi al cessionario, associando alla compravendita l’emissione di fatture per l’importo fissato (comunque più basso di quanto realmente pagato al cedente) + regolare IVA al 22%. Infine il cessionario, che era poi la figura che materialmente rivendeva il carburante alle singole pompe di benzina dislocate sul territorio, contabilizzava la fattura + IVA (portando quest’ultima in detrazione). Ottenendo così il doppio vantaggio di portare in detrazione l’IVA esposta e di essere fraudolentamente più competitivo sul mercato in relazione al minor prezzo d’acquisto del prodotto.
Un sistema fraudolento pertanto estremamente complesso – che ha richiesto una grande mole di lavoro da parte degli inquirenti anche per risalire alle varie “cartiere” utilizzate, società destinate a durare 1-2 anni per poi sparire nel nulla e venir sostituite da altre – per comprende il quale può certamente essere d’aiuto lo schema riportato di seguito.
Vanno altresì sottolineati due aspetti molto rilevanti: che il carburante ceduto alle pompe, e quindi destinato a finire nelle comuni auto, dal punto di vista qualitativo era in tutto e per tutto pari a quello ceduto regolarmente e che – poiché tutto il carburante che transita in Italia viene stoccato in un deposito fiscale da cui ciascun grossista acquista la quantità che ritiene opportuna, pagandoci le accise – il pur ingentissimo valore di IVA resta l’unica tassa evasa con conseguente distorsione del mercato e danno per gli operatori concorrenti.
Senza trascurare che un’altra parte di carburante veniva ottenuta, sempre mediante cartiere, presentando false qualifiche di “esportatore abituale” e accollando alle cartiere un debito IVA destinato a non venir saldato in conseguenza della sparizione della cartiera medesima.
A seguire, un breve filmato inerente l’operazione diffuso dal Comando Provinciale.
Gabriele Massaro