Emergenza cinghiali: Cia difende il tavolo provinciale ma sollecita la caccia e i ristori
ASTI – “Il tavolo provinciale contro l’emergenza cinghiali va mantenuto perché il fenomeno, sempre più grave, va contrastato mettendo a fattor comune idee, proposte, risorse”. Così Cia-Agricoltori di Asti interviene a proposito della polemica che in queste ore ha visto coinvolto il presidente della Provincia, Paolo Lanfranco: “Fin da gennaio con le altre organizzazioni abbiamo offerto alla Provincia la disponibilità di nostro personale per supportare l’ufficio caccia. Siamo sempre pronti a fare la nostra parte e riteniamo controproducente per l’intero mondo agricolo che il tavolo di concertazione vada a monte per protagonismi di bandiera”, puntualizza il direttore di Cia, Marco Pippione.
Cia Asti è molto preoccupata per l’escalation dei danni provocati dalla fauna selvatica, cinghiali in primis. Un’emergenza che si trascina da anni.
“Il piano regionale per il contenimento della fauna selvatica e della peste suina veicolata dai cinghiali procede con lentezza a dir poco esasperante. Come preannunciato il ciclo delle fioriture rende la caccia più difficoltosa mentre i cinghiali compromettono ancora una volta le semine in corso, danneggiando aziende che sono già sotto stress per molteplici fattori, dall’aumento dei prezzi delle materie prime all’impossibilità di ripopolare gli allevamenti suini nelle zone cuscinetto, alla siccità. Con le scaramucce e il rimpallo di responsabilità si allontana sempre di più la soluzione del problema”, prosegue Marco Pippione.
Le recinzioni che la Regione ha deciso di installare su indicazione della Ue non sono la soluzione al problema. “Pur condividendo la necessità di isolare la zona infetta abbiamo forti dubbi sull’efficacia di una recinzione di tali dimensioni in un territorio collinare: priva di manutenzione, coperta dai rovi e non rimossa al termine dell’emergenza sanitaria la “linea Maginot” finirà per depauperare un’area confinante con territori riconosciuti patrimonio dell’umanità”, denuncia Pippione.
Cia Asti insiste invece sui ristori dovuti agli agricoltori e sullo stanziamento di indennizzi ai cacciatori.
“Non si può pensare di lasciare la gestione di una emergenza sanitaria ad interventi di volontari, cacciatori e poche guardie venatorie senza prevedere rimborsi almeno delle spese vive degli abbattimenti. In questa fase emergenziale serve almeno un contributo di 50 euro per cinghiale abbattuto. Con un fondo di poco più di 2 milioni di euro (cifra molto al disotto di viene pagato annualmente dalla Regione Piemonte per i danni alle colture) si potrebbe risolvere il problema”, propone Pippione.
Cia chiede inoltre che vengano rivisti i criteri con cui vengono risarciti i danni provocati dalla fauna selvatica. Attualmente vengono prese a riferimento le rese degli ultimi 3 anni calcolate da ISMEA. “Con l’avvento della guerra e la conseguente crisi economica, tutti i prezzi dei concimi, carburanti, sementi sono saliti alle stelle – denuncia il direttore di Cia Asti – chiediamo quindi che a partire da questa campagna vengano utilizzati i prezziari aggiornati dei prodotti fissati dalla Camera di Commercio”.
Nella partita dei risarcimenti vanno inoltre considerati i danni provocati dal mancato ripopolamento dei suini nelle stalle che in estate provocherà non pochi danni alle aziende agricole, alle agrimacellerie e agli agriturismi.