Salviamo il cinema, industria culturale del territorio
Riceviamo e pubblichiamo un comunicato di Claudio Braggio.
La proposta intelligente e concreta trova le parole di Alessandro Gaido, presidente di Piemonte Movie, ma rappresenta il pensiero dei molti che operano nel mondo del cinema piemontese (o che si fa in Piemonte), come affermato nell’intervista “Un consorzio forte a guida pubblica per salvare il cinema” (Corriere Torino, dorso del Corriere della Sera, pagina 7, mercoledì 15 aprile 2020).
Quello del cinema presente sul territorio è un mondo variegato di professioni e mestieri di cui al grande pubblico appaiono soprattutto i nomi di attori e registi, ma si tratta di vera e propria industria costituita da intrecci diversi, pur senza nessuna realtà imponente come erano le grandi fabbriche che oggi si possono soltanto immaginare o rivedere in film e documentari.
Salvare il cinema costituendo un Consorzio misto pubblico-privato potrebbe essere davvero un’azione importante che offrirebbe molto più dei contenuti dedicati all’intrattenimento di cui chiunque può fruire in sala o su uno schermo.
Si tratta di migliaia di posti di lavoro rappresentati da quanti lavorano direttamente al prodotto filmico in ogni sua fase, ma occorre considerare anche l’indotto; senza dimenticare quella grande attrattiva esercitata sul territorio e sviluppata in termini di accoglienza, che è ben nota come cine-turismo (ognuno di noi si reca di preferenza nei luoghi che ha già visto, al cinema).
La proposta di Piemonte Movie, pienamente condivisibile, è quella di creare un Consorzio con assi portanti Fondazione Film Commission e Museo del Cinema, coordinato dall’Assessorato Regionale alla Cultura, pensando in primo luogo i Fondi Europei (in Italia poco utilizzati, purtroppo), tra i quali POR (Programma Operativo Regionale) e FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale).
Per ampliare l’orizzonte degli spazi di sostegno, credo sia bene citare anche Europa Creativa, Erasmus+, Horizon 2020…
Lodevole l’intento, in fase di attuazione con tavoli di lavoro, di unire tutte le forze piemontesi organizzate come appunto Piemonte Movie (da cui gLocal Film Festival e Movie Tellers) e Torino Film Festival, Associazione Museo del Cinema, Fondazione Artea, Agis, Anec, Aiace, Scuola di perfezionamento musicale di Saluzzo ed altre ancora che potrebbero accorrere.
Le ragioni profonde e di carattere pratico della necessità d’occuparsi dello sviluppo futuro di arte e cultura (in quest’ambito, nell’Unione Europea dei 27 Paesi gli occupati sono il 3,7 %), le hanno ben analizzate Paola Dubini e Valentina Montalto nell’articolo “Cultura, tre strade per ripartire” (Corriere della Sera, pagina 40, giovedì 16 aprile 2020).
I lavoratori impegnati nell’industria della cultura e dell’arte hanno caratteri, forme giuridiche e normative di riferimento molto diversi, veri e propri “mondi” interdipendenti fra loro, che mantengono attive infrastrutture delicate, assolutamente necessarie in una prospettiva di sviluppo sostenibile; e ben venga la valorizzazione delle infrastrutture culturali di prossimità.
Insomma, materiali per il dibattito costruttivo e l’analisi in vista di applicazioni concrete ci sono, come pure la volontà di alcune forze intellettuali e dell’industria della cultura, ma si confida che gli spazi si possano allargare non soltanto considerando le strutture organizzate, ma anche un proficuo coinvolgimento di altre forze creative e intellettuali del territorio piemontese, di tutte le province.
Si potrebbero non tanto cercare, quanto piuttosto riattivare quei mondi piccoli, anzi piccolissimi che hanno dato buona prova in termini realizzativi, nonché di ricerca di storie intese a valorizzare il territorio, offrendo con la produzione di prodotti cinematografici di buona qualità anche quei motivi di stimolo riferiti al già citato cineturismo.
Considerando gli ormai prossimi, ineludibili effetti negativi causati dalla recessione, sarà sempre importante selezionare non soltanto storie e luoghi, ma anche professionalità (che comunque si possono formare) sul territorio di grande e comprovata qualità, evitando la presenza di quegli improvvisati che sovente s’accostano con intenti puramente ludici e velleitari al cinema, che invece è arte e industria seria.
Un esempio di buona pratica in provincia di Alessandria è di certo stato, ed ancora potrà essere, il progetto “Storie del Monferrato”, che ha prodotto il documentario “Caristo la città rubata” (2008), i cortometraggi “La quadratura del cerchio”, “L’altra” e “Il ciondolo del destino” (2009), ed il lungometraggio “Blind Fate” (2015), ambientati e girati nelle località di Acqui Terme, Alessandria, Bosco Marengo, Casale Monferrato, Cassine, Frassineto Po, Novi Ligure, Pontestura.
Un’esperienza preziosa che ha conseguito risultati concreti e che si potrebbe recuperare pensando alla costituzione di una sorta di “factory”, come peraltro era avendo attivato anche molti seminari teorico-pratici gratuiti sulla scrittura e la produzione cinematografica, avendo come prospettiva la costruzione di vicende non soltanto ambientate, ma ricavate dalle storie e dalle leggende del territorio.
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