Aziende agroalimentari in ginocchio: anche Coldiretti Asti si è unita alla manifestazione di Milano per richiamare l’attenzione delle istituzioni

Con l’aumento dell’inflazione e delle bollette più di un italiano su due (51%) taglia la spesa nel carrello, a causa della crescita record dei prezzi che ha ridotto il potere d’acquisto dei cittadini. Un effetto a valanga sull’intera filiera agroalimentare, che dal campo alla tavola, vale 575 miliardi di euro (quasi un quarto del Pil nazionale) e vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, oltre che in 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio.

E’ l’allarme lanciato dal Presidente della Coldiretti Ettore Prandini in occasione della manifestazione di protesta dei giovani agricoltori in piazza Cannone nel Parco Sempione di Milano all’apertura del Villaggio dei contadini nel Castello Sforzesco di Milano.

Secondo i risultati dell’indagine condotta sul sito www.coldiretti.it,  per effetto dell’inflazione rilevata dall’Istat, il 18% dei consumatori dichiara di aver ridotto la qualità degli acquisti, orientandosi verso prodotti low cost per poter ad arrivare a fine mese, mentre solo 1/3 (31%) è riuscito a non modificare le proprie abitudini di spesa.

“Gli italiani – sottolinea la Coldiretti – vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti. Accanto alla formula tradizionale del 3×2 ed ai punti a premio, si sono moltiplicate e differenziate le proposte delle diverse catene per renderle meno confrontabili tra loro e più appetibili ai clienti: dalle vendite sottocosto che devono seguire regole precise ai buoni spesa”.

Se i prezzi per le famiglie corrono, l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare diffusa su tutto il territorio che, quotidianamente, rifornisce le tavole dei consumatori italiani. Nelle campagne italiane – denuncia la Coldiretti – ben 1/3 delle aziende agricole sta lavorando in perdita a causa di rincari dei costi che vanno dal +250% dei concimi al +95% dei mangimi e al +110% per il gasolio fino al +300% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti. Il risultato è un aggravio medio di oltre 17mila euro per azienda, mentre crolla il valore aggiunto (-42%). Gli aumenti riguardano l’intera filiera alimentare: oltre al vetro, che costa oltre il 50% in più rispetto allo scorso anno, si registra un incremento del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone e del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica (analisi Coldiretti).

“Anche Coldiretti Asti si è unita alla manifestazione di Milano per richiamare, con più forza, l’attenzione delle istituzioni affinché si intervenga quanto prima sul comparto – afferma il Direttore Coldiretti Asti Diego Furia. – Non possiamo permettere che l’agroalimentare italiano venga soppiantato da prodotti slow cost di dubbia provenienza e, soprattutto, coltivazione/preparazione, minacciando, altresì,  sicurezza alimentare e salute”.

A rischio ci sono anche 5450 prodotti tradizionali agroalimentari tesori della tavola Made in Italy, motore economico dei piccoli borghi in cui  nasce il 92% delle produzioni tipiche nazionali: una ricchezza conservata nel tempo grazie a chi opera sui territori.

L’agricoltura italiana è la più green d’Europa (leadership Ue nel biologico), con 86mila imprese e col 17% della superficie coltivata a bio, contro una media europea del 9%; inoltre, vanno all’Italia il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (318), 526 vini Dop/Igp e con Campagna Amica la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori. Ultimi e non ultimi i primati produttivi mondiali (carciofi, finocchi) ed europei (grano duro, riso, pomodori, melanzane, spinaci, albicocche uve da vino e da tavola, ecc.).

“Come per il gas – continua il Presidente Coldiretti Asti Marco Reggio, in linea col Presidente Nazionale Prandini – anche nell’alimentare l’Italia deve recuperare il tempo perduto e lavorare per ridurre la dipendenza dall’estero, intervenendo nell’immediato sui costi energetici per salvare aziende e stalle, oltre che per non perdere quegli spazi di autonomia e sovranità alimentare che fino a oggi le imprese agroalimentari italiane sono riuscite a difendere per il bene del Paese”.

Occorre lavorare da subito sugli accordi di filiera tra imprese agricole e industriali per garantire prezzi equi che non scendano mai al di sotto dei costi di produzione; parimenti, occorre investire per aumentare produzioni e rese dei terreni contro i cambiamenti climatici. Infine, occorre lavorare per raggiungere la sovranità agroalimentare senza dover importare il 64% del fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% di mais per l’alimentazione del bestiame.

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