Ad Asti una partecipata maratona oratoria contro i suicidi in carcere

Esponenti del mondo della giustizia e associazioni si sono riuniti per sensibilizzare la popolazione e chiedere interventi urgenti

ASTI – Una “maratona oratoria” per coinvolgere il più possibile la società civile e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione di degrado in cui sono costretti i detenuti. Questo l’obiettivo dell’iniziativa che si è svolta stamattina 10 luglio all’ingresso del Palazzo di Giustizia, Area Avvocata Maria Grazia Curallo.

A organizzarla è stata la Camera Penale Vittorio Chiusano sezione di Asti, aderendo all’appello dell’Unione delle Camere Penali Italiane (Ucpi).

Davide Gatti. Foto R.S.

Moderati dall’Avv. Davide Gatti, Presidente Camera Penale “Chiusano” Sezione di Asti, uno di seguito all’altro sono intervenuti numerosi relatori che hanno affrontato a 360° il tema dei suicidi in carcere. Un fenomeno crescente e allarmante, che ha raggiunto nei numeri una dimensione tragica e insostenibile e che fa emergere la necessità di interventi urgenti e radicali.

Nel dettaglio hanno preso la parola l’Avv. Giulia Boccassi, componente dell’Ufficio di Presidenza Ucpi; l’Avv. Roberto Capra, Presidente della Camera Penale Piemonte e Valle d’Aosta “Vittorio Chiusano”; il Vescovo di Asti Marco Prastaro; Dott. Paolo Rampini, Presidente Vicario Tribunale di Asti; Dott.ssa Laura Deodato, Sostituto Procuratore della Repubblica presso Tribunale di Asti; Avv. Giorgia Montanara, Presidente Ordine Avvocati di Asti; On. Bruno Mellano, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Piemonte.

E ancora, l’assessore comunale Giovanni Boccia che ha portato i saluti dell’Amministrazione; Dott.ssa Paola Ferlauto, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale del Comune di Asti; Avv. Davide Mosso, Componente osservatorio carceri Unione Camere Penali; Avv. Alberto Avidano, Past Presidente Camera Penale Chiusano Sezione di Asti; Avv. Cristina Preti, componente del comitato pari opportunità Ordine Avvocati Asti; Avv. Claudia Cristofori e Avv. Daniela Icardi  dell’Aiga; Avv. Luigi Florio, componente Camera Penale Chiusano Sezione di Asti; Avv. Guido Cardello, componente Camera Penale Chiusano Sezione di Asti; Avv. Cristina Coda, Componente Camera Penale V. Chiusano Sezione di Asti; Avv. Maria Bagnadentro, Presidente associazione Effatà; Dott.ssa Paola Maria Bevilacqua, Presidente dell’Associazione Dal Buio alla Luce; Dott.ssa Silvana Nosenzo, Presidente dell’Associazione Agar; Avv. Ferruccio Rattazzi, Past Presidente Camera Penale Chiusano Sezione di Asti; Antonella Borgarello in rappresentanza di Prison e Marinella Bruno della “Gazzetta dentro”.

L’Avv. Giulia Boccassi: “L’Unione delle Camere Penali Italiane ha organizzato, tramite le Camere Penali territoriali, una maratona oratoria sulla situazione ormai fuori controllo dei suicidi in carcere.  L’iniziativa ha preso avvio il 9 maggio a Cagliari e si concluderà domani con una manifestazione nazionale a Roma, in piazza Santi Apostoli. La nostra giunta si è occupata molto dal suo insediamento di carcere e del fenomeno dei suicidi. Ieri il numero era 52, oggi è 54. Un numero che non è destinato a diminuire se non verranno presi dei provvedimenti urgenti che portino in una direzione diversa rispetto a quella attuale. La situazione carceraria è gravissima, il sovraffollamento produce detenzione inumana e degradante ed è un moltiplicatore di tutti i fattori che esponenzialmente comprimono la dignità umana e quindi l’uomo stesso. Non possiamo rimanere indifferenti a questa tragedia. Non c’è più tempo. Ora basta. Il carcere non deve più essere la discarica sociale che attualmente è. Una discarica in cui i rifiuti della società non vengono come nel virtuosismo avviati a un recupero, ma vengono accantonati e lasciati marcire. Sappiamo che il carcere produce recidiva, produce persone che non hanno un futuro. Spesso sono proprio i giovani, magari a fine pena, a suicidarsi perché non vedono un futuro. L’ultimo decreto promulgato non fa davvero nulla per ridurre il sovraffollamento carcerario. Abbiamo avuto interlocuzioni con tutte le forze politiche nella speranza di trovare una linea comune che portasse a interventi urgenti, ma non è successo nulla. Siamo scesi in piazza, abbiamo proclamato un’astensione di tre giorni dalle udienze e abbiamo ideato questa maratona in giro per l’Italia, animata dalla generosità di tutte le camere penali, affinché portasse la voce degli avvocati in mezzo ai cittadini. Perché è proprio l’opinione del cittadino che deve cambiare, perché vede il carcere come quella discarica di cui parlavo prima. Il 17 luglio sarà discussa la proposta Giacchetti sulla liberazione anticipata e se venisse approvata ci accontenteremo, anche se molto altro si potrebbe fare”.

Roberto Capra. Foto R.S.

L’Avv. Roberto Capra:Penso da sempre che le ragioni che portino donne e uomini a sbagliare siano molte e complesse. Ovviamente rispetto chi ha un’altra visione dell’errore e lo attribuisce al singolo, svincolato dal contesto sociale e familiare nel quale è vissuto. Se però si pensa alla complessità dell’azione dell’uomo, allora la risposta all’errore non può essere solo punizione, ma inevitabilmente deve essere anche recupero. Ecco perché carceri nelle quali viene calpestata la dignità sono inaccettabili. Lì c’è solo punizione e pena, e violazione dei diritti. Ecco perché gli avvocati si devono occupare della situazione nelle carceri. Perché è un lungo filo rosso che passa dal riconoscimento della complessità delle cause che portano all’errore e che arriva fino al rispetto dei diritti dell’uomo, anche dell’uomo che deve scontare una pena. Abbiamo un’idea di detenzione antica, fatta di limitazione spasmodica della libertà, perché annientare la libertà di muoversi è un buon modo per punire, ma è un pessimo modo per provare a recuperare chi ha sbagliato. Il problema principale è il sovraffollamento carcerario. Se c’è sovraffollamento non c’è dignità umana, non c’è lavoro, non c’è studio né sanità in carcere. Tutto questo porta a una mancanza di una prospettiva per il singolo, che non è e non può essere uno scarto, ma un uomo o una donna che ha commesso degli sbagli. La compromissione dei diritti dei detenuti è una sconfitta di tutti coloro che vogliono continuare a pensare a una società diversa, fatta di accoglienza per chi è deviato e non di abbandono. Abbiamo carceri in estrema difficoltà, indegni in un Paese civile, eppure non siamo mai riusciti, ognuno per la sua parte di responsabilità, a ovviare all’estrema criticità di un luogo diventato pena nella pena”.

Il vescovo Prastaro: “La domanda che faccio a me stesso e che mi inquieta è dov’è finito il senso di umanità nella nostra società, dov’è il rispetto della dignità. Ci sono frasi che non dovremmo più sentire, tra cui ‘chiudiamo e buttiamo via le chiavi’. Non possiamo lavarcene le mani. Dobbiamo anche rielaborare un linguaggio che non può essere così poco rispettoso della vita umana”.

Paolo Rampini. Foto R.S.

Dott. Paolo Rampini: “Questa situazione è qualcosa di spaventoso e intollerabile, e che nessuno nella nostra società dovrebbe accettare. Non possiamo non sentire il grido di chi in carcere subisce un’ingiustizia e di chi si suicida. Il trattamento inumano non è una sanzione che possa essere applicata”.

. Bruno Mellano

On. Bruno Mellano: “La fotografia è chiara e non ci si può voltare da un’altra parte. Dai dati di fine giugno abbiamo 61500 detenuti per 189 carceri, la cui capienza regolamentare è di 51000 posti e la capienza effettiva, dichiarata dal Ministero di Giustizia, è di 47000 posti. Quindi abbiamo 15000 detenuti in più. Le stesse condizioni che nel 2013 hanno portato la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a una sentenza infamante per l’Italia. Lo Stato Italiano è stato condannato per aver infranto l’articolo 3 della Convenzione, uno dei pochi non derogabile: ‘vietate le pene inumane e degradanti’. Per la nostra Costituzione e il nostro ordinamento quella che sistematicamente l’Italia ha fornito come servizio pubblico ad alto prezzo è stata un’esecuzione penale dichiarata inumana e degradante. All’interno dei 47 Paesi del Consiglio d’Europa siamo quello che ha il più alto costo per l’esecuzione penale e siamo il sistema che ha la più alta recidiva in termini di ritorno in carcere.

Il suicidio è l’elemento più estremo e più evidente di un malessere generalizzato di una comunità penitenziaria. Noi come Conferenza Nazionale dei Garanti abbiamo sempre voluto ricordare il numero dei detenuti suicidati, siamo a 54, ma sono 6 anche i suicidi tra gli agenti della polizia penitenziaria. Il disagio di vivere negli ambienti del carcere si si riverbera anche sugli operatori.

Occorre davvero dire che il tempo è scaduto. Prendiamo spunto dalle parole di Sergio Mattarella che il 18 marzo scorso ricevendo al Quirinale la polizia penitenziaria ha detto che sul sovraffollamento e in particolare sulla questione dei suicidi in carcere occorre adottare misure straordinarie, anche emergenziali, per far scendere il numero dei detenuti in carcere. Nel 2022 i suicidi in carcere furono 85, 69 nel 2023. Essere oggi a 54 vuol dire che finiremo il 2024 con un record tragico e assoluto. Molti suicidi avvengono nella fase iniziale della detenzione, ma paradossalmente il fenomeno diventa significativo anche nella fase finale, in chiusura dell’esperienza detentiva, quando dovrebbe vedersi l’orizzonte della libertà. Evidentemente un orizzonte non considerato positivo per il detenuto che nel frattempo ha perso la casa, la famiglia, il lavoro. Ci deve essere uno scatto d’attenzione delle Istituzioni del territorio per offrire agli operatori penitenziari strumenti e risorse d’intervento. Siamo nelle stesse condizioni del 2013 sia per il numero sia per le condizioni di detenzione. Siamo tornati a un sistema chiuso, abbiamo carceri in cui, rispetto a un paio d’anni fa, non esiste la minima socialità. Come cittadini di questo Paese dobbiamo essere interessati a non esporre lo Stato a un’infamante sentenza di condanna per un’esecuzione penale inumana e degradante”.

C.L.

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