A lezione di “linguaggio di genere e diversità”

All’Istituto “V. Alfieri” di Asti Dario Accolla forma studenti e studentesse, docenti e genitori

ASTI –Chiamami col mio nome” – Linguaggio di genere e diversità a scuola”. È questo il titolo del corso di formazione per docenti, studenti e genitori organizzato dall’I. I. S. “V. Alfieri” nell’ambito di un più ampio progetto contro il bullismo e il cyberbullismo di cui l’Istituto è capofila, in rete con molte altre scuole astigiane.

Nelle giornate del 23 e 24 febbraio, con appuntamenti in orario curricolare per gli allievi, pomeridiano e serale per docenti e genitori, nell’Aula Magna dell’Istituto si sono così avvicendati non meno di 200 uditori guidati nel percorso di formazione dal prof. Dario Accolla, docente di lettere, specializzato in dialettologia e sociolinguistica, blogger, attivista LGBTQIA+ e autore di testi divulgativi su linguaggio, comunicazione, diversità e parità di genere.

Il corso, organizzato dalla prof.ssa Emanuela Carelli, docente dell’Alfieri, responsabile interna dello sportello di ascolto, nonché referente per la lotta al bullismo e cyberbullismo, con la collaborazione del prof. Carlo Bavastro e della prof.ssa Fedra Turello, anch’essi docenti del medesimo istituto, è stato da subito sostenuto e supportato dalla DS prof.ssa Maria Stella Perrone, grazie alla cui attenzione per gli studenti il binomio inclusione e benessere non è solo uno slogan, ma una pratica quotidiana.

Ed è proprio nell’analisi della realtà quotidiana che risiede la ragione più profonda del corso: la constatazione di un bisogno sempre crescente tra i giovani che la famiglia, la scuola e la società tutta siano davvero luoghi in cui le diverse identità personali non solo non siano discriminate, ma, superato il concetto di tolleranza, siano riconosciute e garantite. Bisogni reali, quindi, e non ideologici, di adolescenti altrettanto reali, in attesa di risposte concrete e non procrastinabili, perché collegate a diritti che non possono restare princìpi fondamentali della nostra Costituzione non attuati.

Ma per fare ciò servono conoscenza e formazione sia degli studenti, i diretti interessati, sia delle loro famiglie e dei docenti, perché solo attraverso questa sinergia è possibile un vero cambiamento di prospettiva per una vera parità di genere.

Nella molteplicità degli spunti di riflessione, critici e scientifici, mai propagandistici, che il prof. Accolla ha fornito, alcuni passaggi meritano di essere evidenziati.

Innanzi tutto, la coesistenza in ognuno di noi di identità molteplici che convivono e che, oltre a “individuarci”, ci pongono in relazione con l’Altro (identità individuale, di gruppo, religiosa, nazionale, sessuale etc.). Primo problema, le identità “imposte” dall’esterno, ovvero derivanti da stereotipi o pregiudizi, che sono in conflitto sia con noi stessi sia con la nostra “autopercezione”. L’identità è quindi complessa, ha ribadito il prof. Accolla, e mai riducibile a generalizzazioni semplicistiche, che non fanno altro che nuocere sia al “me” (come gli altri ci vedono) sia all’“io” (come noi ci vediamo), che diventa così instabile.

Se riferito agli adolescenti, ciò genera sofferenza, abbandono scolastico, sino ad arrivare a gesti estremi troppo frequenti tra gli studenti perché si possa rimanere inerti.

La medesima complessità, per venire al tema della formazione, riguarda l’identità sessuale, che è la risultante di più fattori, scientificamente accertati: il sesso assegnato alla nascita (binarismo M/F, ma esistono persone intersessuali), l’identità di genere (percezione di identificazione, o meno, col proprio sesso, per cui si parla di cisgender o transgender), l’orientamento sessuale (le preferenze sessuali e sentimentali eterosessuali, omosessuali, bisessuali etc.), il ruolo di genere (come l’identità di genere si manifesta socialmente in termini sia diacronici sia sincronici) e molte altre prospettive.

A tal proposito il prof. Accolla ha sgombrato subito il campo da un diffuso ed esiziale pregiudizio: “fluidità” come sinonimo di caos e scelta estemporanea (“oggi scelgo di essere X, domani sceglierò Y o Z”), quindi come “una moda della generazione Z” per di più materia di insegnamento a scuola. Falso! Il termine indica che l’identità sessuale è la risultante di più fattori variamente combinati, che il soggetto non sceglie, ma vive, senza accorgersene, come non ci accorgiamo di respirare (riusciremmo a non farlo…?).

Se a scuola, poi, se ne parla, e doverosamente, come si è fatto in questa sede, non è per insegnare a essere fluidi (ognuno di noi è una storia a sé), ma per informare che ogni identità sessuale è naturale, per formare al rispetto e per togliere dalla marginalità chi si diversifica rispetto alla maggioranza, sia ben chiaro, come ribadito da Accolla, altrettanto legittima (i diritti degli uni non sono a detrimento di quelli degli altri).

Risultato: non il plagio, ma la serenità e l’equilibrio delle identità degli adolescenti di oggi (adulti di domani), delle loro famiglie (cui si danno, e non si sottraggono, strumenti ulteriori per esercitare la libera scelta educativa dei figli) e della società.

Queste sono solo alcune delle importanti conclusioni cui Dario Accolla ha portato i partecipanti alla formazione, non solo con una precisa e puntuale disamina scientifica del tema, corredata da ampia bibliografia, ma anche con suggestive proposte laboratoriali che induttivamente hanno reso stereotipi e pregiudizi ancora più evidenti.

Qual è stato il giudizio degli allievi, dei docenti e dei genitori su questa formazione? Un unico aggettivo, “necessaria”, spesso pronunciato con la voce spezzata o gli occhi umidi, quando al dolore  della solitudine subentra la gioia dell’ascolto e della condivisione.

In chiusura, perché il titolo Chiamami col mio nome, che è un evidente richiamo al film di Guadagnino? Perché essere genitori e docenti oggi fa entrare in contatto con la realtà (si badi, sempre esistita, ma ai margini) anche di adolescenti transgender che vivono il dramma del disequilibrio tra il sesso attribuito alla nascita e la loro identità di genere con il coraggio, finalmente, di dichiararlo. Vogliamo ancora che la loro identità sessuale sia etichettata con un prefisso tragicamente spregiativo? Permettiamo loro, e a tutti gli altri adolescenti, di essere sé stessi/e e di essere chiamati/e con il nome che essi scelgono, dietro le cui sillabe si cela la profondità della loro vera essenza. Avremo persone più felici e la Scuola avrà centrato uno degli obiettivi più alti e importanti della sua missione.

 

A cura del prof. Carlo Bavastro

 

 

 

 

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