Doppio appuntamento con “Corti, colline, comunità e…”.
Va in scena martedì 20 agosto, alle 21, nel cortile dell’ex Filanda di via Scanagatti a Valfenera, “Teresa, ovvero la sarta che voleva ricucire il firmamento”, di Casa degli alfieri, nell’ambito del Festival “Corti, colline, comunità e…”, organizzato dall’Unione collinare “Dalla piana alle colline”, con la direzione artistica di Casa degli alfieri e realizzato in collaborazione con l’Ecomuseo Basso Monferrato Astigiano.
Un racconto di amore e di ricami, di una sarta che cuce un abito da sposa e nel frattempo rammenda il proprio cuore e la volta celeste.
Coprodotto da Asti Teatro 46, lo spettacolo è tratto da un nuovo racconto del poeta della meraviglia Antonio Catalano, che ne cura anche la regia, e vedrà in scena in un poetico e intenso assolo Patrizia Camatel. Le voci del radiodramma sono di Esther Ruggiero e Vincenzo Caruso, l’allestimento tessile e i costumi di Barbara Mugnai.
La protagonista della narrazione è Teresa, la sartoira, che, nella sua bottega, ha rammendato e cucito per tutto il paese. E oggi Teresa sta finendo di cucire l’abito da sposa per Aurora, la vicina, Aurora che si chiama come la luce che appare, Aurora che vuole un vestito bello, che costi poco e col pizzo qua e là.
A farle compagnia durante il suo lavoro, il radiodramma preferito, la preziosa macchina da cucire, una foto con sorrisi ormai sbiaditi.
“Teresa, mentre cuce, rammenda la propria anima – commenta Catalano – L’anima che ha una veste fatta di ricordi, di polenta, di speranze, di sentimenti; è il vestito della memoria che ci dice chi siamo, anche quando tutto sembra svanire in mezzo alla nebbia fitta e ciò che è vero si confonde con ciò che è immaginato. Teresa ricama nuvole di pizzo mentre in cielo vola la poiana che poi scompare dietro la collina, chissà dove…”
Un tenero e sognante racconto che unisce l’inconfondibile stile narrativo di Antonio Catalano con aneddoti autentici intorno al mestiere dei sarti, figure che tramandano un’antica sapienza delle mani in grado di curare il cuore e l’anima degli esseri umani.
Le sarte e i sarti nella comunità tradizionale hanno sempre avuto un ruolo cardine: infatti, col loro lavoro, scandiscono i ritmi dell’anno e della vita creando vestiti per ogni stagione, per la festa e le occasioni speciali.
A dare ancora più risalto al lavoro dei sarti, a cui questo lavoro è dedicato, sarà il luogo scelto: l’ex filanda di Valfenera che, tra il 700 e il secondo dopo guerra del secolo scorso, è stata una dei principali centri di produzione di seta.
“La nostra filanda – commenta Paolo Lanfranco, già sindaco di Valfenera – è stata importantissima dal punto di vista socio-economico, dal momento che tutte le donne che vi lavoravano, seppure in condizioni che oggi considereremmo inaccettabili, vedevano nel loro lavoro una prospettiva di crescita e un implemento del reddito. Ma non solo: la filatura racchiude anche una serie di significati antropologici e umani, è stata una vera e propria culla di cultura popolare e di senso di comunità”.
Saranno proprio Lanfranco e Piercarlo Bollito, cultori della storia locale, a introdurre la serata, con un breve intervento dal titolo “Memorie della filanda”, a partire da un lavoro di ricerca e documentazione che è stato fatto negli anni ’80 da Antonio Adriano, Giulia Carpignano e altri studiosi, sotto la guida del professor Renato Bordone.
“Questi hanno intervistato e registrato alcune anziane filere – continua l’appassionato – sono loro le vere protagoniste di questo pezzo di storia, le donne. Martedì ne sentiremo le voci e i canti (durante il periodo pasquale, qui si cantava la Passiùn), che proiettano subito in un’altra dimensione”.
Il festival proseguirà giovedì 22 agosto, con l’atteso ritorno del noto narratore Pino Petruzzelli a Ferrere. L’appuntamento è alle 21 nella piazza del Comune per “Storie di uomini e di vini – Io sono il mio lavoro”, una pièce dedicata al lavoro, alla storia, alle radici di chi lavora la terra.
Uno spettacolo dedicato al lavoro, alla storia e alle radici di chi lavora la terra.
Lo spettacolo è la straordinaria storia di Dionigi, il vignaiolo che ha saputo, attraverso le sue continue lotte, arrivare a creare un’eccellenza da una terra avara. Un sogno in cui passato e presente, tradizione e modernità si fondono producendo un vino da premiare, capace di racchiudere in sé memoria di piccola e grande Storia.
Dionigi crede in un lavoro per cui fondamento essenziale è la speranza.
Il nostro vignaiolo è riuscito con straordinaria sapienza, tenacia e maestria, a dare concretezza a un sogno e per questo una giuria ha deciso di premiare il suo lavoro. Dionigi sta per ritirare il premio e, nei momenti che precedono la cerimonia, ripercorre le tappe fondamentali della sua vita. Scopriamo così che il suo vino non racconta di sentori e profumi, ma della civiltà che lo ha prodotto e per questo rimanda alla sacralità del lavoro: natura e uomo insieme.
L’epopea di Dionigi si muove tra la grandine di agosto e la siccità, tra la burocrazia asfissiante e i declivi da dissodare, tra i richiami di un posto fisso nella Fabbrica Italiana Bulloni e Affini e i muretti a secco da rimettere in piedi, tra gli ulivi dei nonni e la terra. Sono storie in cui anche la morte è capace di generare vita. Come sostiene, nel suo improbabile dialetto, il felliniano personaggio di Niccolò, detto il moscerino: “Ti te devi piggiar l’uva, poi la taggi, poi la pesti e la ripesti, poi la pesti e la ripesti ancura intra litini… e alla fini tutto questo schiacciamentu a te tacca a bollì. E quella che ti, ti te credevi morte, torna in vita e diventa vin.”
“Questo – commenta l’attore e drammaturgo – è uno spettacolo sul valore etico del lavoro. Un’etica da tramandare alle future generazioni come la più preziosa delle eredità, perché il lavoro ben fatto, oggi come ieri e come domani, sarà sempre frutto di un forte legame tra generazioni”.
La pièce, prodotta dal centro Teatro Ipotesi, nasce da due anni di interviste ai vignaioli e dal libro “Io sono il mio lavoro”.
Il festival si concluderà mercoledì 28 agosto, alle 21, in Piazza Tommaso Villa a Valfenera, con “Crape de legn”, una storia di artisti, d’amore e di trucioli con Federica Molteni di Luna e Gnac Teatro sulla vera storia avventurosa e poetica dei burattinai Pina Cazzaniga e Benedetto Ravasio.
L’ingresso a tutti gli appuntamenti è libero, a offerta.
Per info: cell. 3392532921 – info@archiviotetralita.it