La Sanità italiana scende in piazza. Sabato 29 ottobre a Roma è prevista la mobilitazione nazionale di tutte le lavoratrici e lavoratori che operano nella sanità, nel pubblico, nel privato e nel terzo settore. La protesta promossa da Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl, Fials e Nursind, avrà come obiettivo quello di rivendicare interventi urgenti, garantire maggiori risorse per il fondo sanitario nazionale, lottare contro le esternalizzazioni ed i limiti dei tetti di spesa per il personale, ma anche chiedere assunzioni e stabilizzazioni, adeguate risorse contrattuali, spazi per la contrattazione decentrata e la valorizzazione del personale, misure per l’integrazione fra pubblico e privato e fra sanitario e sociale.
“I prossimi mesi e anni – affermano i segretari generali di Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl, Fials e Nursind, Serena Sorrentino, Maurizio Petriccioli, Michelangelo Librandi, Giuseppe Carbone e Andrea Bottega – saranno decisivi per il futuro del servizio sanitario nazionale. Le cause che hanno determinato la crisi del SSN vanno ricercate nelle politiche sanitarie degli ultimi 20 anni che, nel tentativo di contrastare l’espansione del debito pubblico, hanno di fatto tagliato indiscriminatamente le risorse destinate alla sanità (37 miliardi in un decennio), determinando una fragilità del sistema che ha rischiato di essere travolto dalla crisi pandemica. Unico argine alzatosi a contenere il disastro: il lavoro e il sacrificio, in troppi casi fino alle estreme conseguenze, delle lavoratrici e dei lavoratori, delle professioniste e dei professionisti della sanità, pubblica e privata”.
L’avanzare di una crisi sociale ed economica che rischia di non avere paragoni nel recente passato e il perdurare di un conflitto in Europa dagli sviluppi imprevedibili, stanno facendo dimenticare, in modo colpevole e ingiustificato, quello che la pandemia, che – anche se non più così drammatica – non possiamo considerare conclusa, ha posto con inusitata violenza davanti agli occhi del paese: lo stato di profondo indebolimento del Servizio Sanitario Nazionale e cioè dello strumento che dovrebbe essere il garante del diritto sancito dall’articolo 32 della Costituzione per tutte e tutti i cittadini del nostro Paese.
“Ad oggi – aggiungono i sindacati – non essendo utilizzabili le risorse del PNRR anche per la spesa per il personale, è forte il rischio che alla costruzione di strutture e all’ammodernamento del parco tecnologico non possa corrispondere un’adeguata dotazione di personale dipendente. Senza una significativa e duratura inversione di tendenza, quindi, è forte il rischio di una profonda mutazione della natura e della funzione del SSN e un potenziamento sbilanciato verso il sistema sanitario privato”.
Nel frattempo, mentre le regioni lamentano la mancata compensazione delle maggiori spese sostenute per il covid nel 2021, un personale stremato e disilluso fa fronte quotidianamente alla situazione in un contesto fatto di organici insufficienti, turni massacranti, con quote importanti di personale precario immesso prima e durante la pandemia che – pur potendo in teoria essere stabilizzato anche grazie all’allargamento dei criteri che abbiamo contribuito a determinare – resta spesso nel limbo a causa del permanere sostanziale dei limiti alla spesa in materia di personale e quote importanti di salario messe in discussione, ancora una volta a causa del perverso meccanismo dei tetti di spesa. Si spiega così, semmai davvero fosse necessario dare spiegazioni, la fuga dalle professioni e la scarsa attrattività dei corsi di laurea per le professioni sanitarie: salari ancora troppo bassi, nonostante le importanti novità che abbiamo introdotto nell’ultimo rinnovo contrattuale del settore pubblico, precarietà e carichi di lavoro insostenibili. Così come, specularmente, all’inizio della pandemia si è spiegato l’esodo di lavoratrici e di lavoratori dai settori privati verso il pubblico nella speranza di migliorare la propria condizione. Davvero qualcuno può meravigliarsi? Una serie di problematiche che richiedono interventi complessivi e che non potranno di certo essere risolti semplicisticamente con l’ipotesi di prolungare ulteriormente i percorsi di laurea degli esercenti le professioni sanitarie.
Gli esiti della stagione dei tagli che vogliamo definitivamente lasciarci alle spalle ci parlano di una riduzione degli organici stimata – probabilmente per difetto di 35mila unità solo per il comparto dal 2009 – e di una riduzione dell’offerta di cura, con il numero dei posti letto – solo per fare un esempio – sceso a 3,13 posti letto/1000 abitanti (fonte Ministero della Salute) rispetto al 5,1 posti letto/1000 abitanti del 2000 e al 4,2 posti letto/1000 abitanti del 2012. Una percentuale, in particolare se riferita ai posti letto per acuti, che ha portato l’Italia sotto Paesi come la Serbia, la Slovacchia, la Slovenia, la Bulgaria e la Grecia.
“Per questi motivi – concludono Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl, Fials e Nursind – unitariamente e insieme a tutte le lavoratrici e ai lavoratori che operano in sanità, nel pubblico nel privato e nel terzo settore, ci mobiliteremo a Roma il 29 ottobre chiedendo al nuovo Parlamento un impegno concreto sulla Sanità. Diritti, salari, assunzioni e valorizzazione delle professionalità i punti cardine per garantire la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
LA SITUAZIONE NELL’ASTIGIANO
In piazza a Roma sarà presente anche una buona rappresentanza del NurSind Asti. “Sul fronte delle assunzioni e delle stabilizzazioni – afferma Gabriele Montana, segretario territoriale di NurSind – il nostro sindacato è impegnato nell’ambito della contrattazione aziendale in Asl-At, dove stiamo chiedendo e lottando per far sì che infermieri ed oss che hanno diritto alla legge di stabilizzazione siano assunti. Allo stesso tempo – prosegue Montana – con tanta energia ci stiamo impegnando per far assumere il maggior numero di infermieri, ostetriche ed oss, in virtù delle graduatorie vigenti a tempo indeterminato presenti al momento in Asl-At”.