Va in archivio la Douja d’Or 2022: Filippo Mobrici (Piemonte Land) ne traccia un bilancio positivo
Filippo Mobrici, vicepresidente di Piemonte Land of Wine, il Consorzio che raggruppa tutti i Consorzi vitivinicoli piemontesi, traccia un bilancio positivo della prima edizione post pandemia della Douja d’Or di Asti, la rassegna dedicata al vino piemontese che ha chiuso i battenti ieri, domenica 18 settembre. E commenta: «È stata una festa piena e riuscita. Per la prima volta senza le regole della pandemia. La felicità della gente è stata evidente. I sorrisi non nascosti dalle mascherine, la voglia di incontrarsi di abbracciarsi e condividere un calice di ottimo vino piemontese, sono i sentimenti che hanno pervaso e caratterizzato questa edizione che, a mio avviso, oltre che per i numeri, resterà nella memoria di tutti e negli annali proprio per la gioia dimostrata da chi ha partecipato».
Poi un accenno ai giovani: «Sono i consumatori del presente e sono e saranno gli ambasciatori del vino del Piemonte. Alla Douja sono arrivati in tanti e preparatissimi con richieste precise e la curiosità di scoprire nuovi aspetti di un universo, quello del vino, che ha ancora molto da raccontare. Sono molto contento di questo. Vuol dire che l’eredità delle donne e degli uomini del vino non andrà persa e, anzi, attraverso le nuove generazioni, troverà nuova linfa ed evoluzioni».
Un accenno alle prossime edizioni della rassegna astigiana. Dice Mobrici: «Cosa immagino per la Douja d’Or del futuro? Tra le altre cose, perché tutte le iniziative sono perfettibili e migliorabili, anche spazi da dedicare al “vino degli altri”. Confronti con altre regioni vinicole d’Italia e del mondo. Sono convinto, e con me tanti che operano in questo settore, che il dialogo con altre aree vitivinicole, altre produzioni, sia un arricchimento, uno strumento importante e prezioso per crescere e trovare nuovi stimoli, nuove idee. Il vino piemontese è vincente all’estero, lo sappiamo bene. Deve essere vincente anche a casa propria, senza timori, con umiltà, ma la forte consapevolezza nei proprio grandi valori. È il sale del nostro essere umani. Anche per il vino è e deve essere così».
Infine un richiamo all’unità: «La diversità dei vini piemontesi è forza fondante di un comparto sano e in pieno sviluppo. Questa Douja d’Or di Asti lo ha dimostrato in modo evidente, al di là di ogni dubbio. Ed è giusto e sacrosanto che ognuno marchi queste differenze senza, tuttavia, perdere di vista l’unità di una cultura e di una tradizione che, su molti temi d’interesse generale, come la comunicazione ad esempio, deve parlare con una sola voce. È un imperativo e dobbiamo lavorare tutti in questo senso, nel rispetto reciproco delle nostre unicità».