Presentato all’Uni Astiss il libro “Non sapevamo di essere girasoli” di Maria Luisa Mosele
Molto più di un romanzo, il testo ci mostra il vero volto della scuola e dona un’occasione di riflessione sull’odierna crisi dell’insegnamento
ASTI – Lunedì, nell’ambito delle molteplici iniziative legate al Giorno della Donna, al Polo Rita Levi Montalcini è stato presentato il libro “Non sapevamo di essere girasoli”. Storia di una giovane insegnante e dei suoi ragazzi delle Vallette” (Buckfast Edizioni) di Maria Luisa Mosele, già docente e dirigente scolastica astigiana. A moderare l’incontro è stata la referente di Pari Opportunità Uni – Astiss Prof.ssa Chiara Cerrato.
Ma qual è il vero volto della scuola attuale? Garantisce pari opportunità, in ottemperanza al mandato costituzionale e istituzionale, oppure è incapace di “rimuovere gli ostacoli che, di fatto, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”?. Di tutto questo e molto altro si è parlato lunedì, alla presenza del sindaco Maurizio Rasero e di un pubblico numeroso e partecipe.
Ad aprire l’incontro il direttore di Uni Astiss Francesco Scalfari: “Oggi è stata offerta un’importante occasione culturale e di formazione che ha inteso unire in un ragionamento molto articolato scuola, università, giovani e donne a partire dalla presentazione del libro di Maria Luisa Mosele”.
Chiara Cerrato: “Scuola e pari opportunità, un percorso che ha una lunga storia, come ci racconta la Dott.ssa Mosele, che è stata dirigente scolastica al 4 Circolo e reggente presso il 6 Circolo che ha avuto come fulcro le scuole primarie Gramsci, Frank e Pascoli. Scuole che da sempre sono state promotrici di attività per l’integrazione, l’accoglienza e le pari opportunità. L’istituzione degli Istituti comprensivi ha unito poi le scuole dell’infanzia, primarie e medie in un’ottica di continuità nell’ambito dell’autonomia scolastica. Oggi più che mai le riflessioni su queste importanti tematiche sono attuali. Ho avuto la fortuna di conoscere, in tanti anni di impegno nel e per il mondo della Scuola, dirigenti, docenti e personale ata che si è speso per i girasoli, come li chiama Maria Luisa, coinvolgendo le famiglie e il territorio, parti attive indispensabili”.
Il libro si pone quale occasione di riflessione sull’odierna crisi dell’insegnamento. Attraverso le storie dei ragazzi, che s’intrecciano con la storia di Marilena, giovane donna coraggiosa, prof molto speciale, il libro mostra il vero volto della scuola, quello che lascia segni nell’anima. La particolarità del romanzo sta nel fatto che alle storie si mescolano le riflessioni sulla pedagogia, per cui il sistema scolastico accompagna il lettore lungo tutto l’appassionante viaggio che porterà quella scuola a divenire una vera comunità, che pone al centro le persone.
I girasoli, simbolo di rinascita, segneranno il passaggio dallo spettro di un’istituzione che emargina al volto bello di una comunità inclusiva.
Compagne di viaggio di Marilena altre donne coraggiose e determinate che, come la protagonista, scelgono di “essere” insegnanti. Scelgono di lavorare alle Vallette che, in quegli anni 80, è un quartiere “ghetto”, dove si vive nel degrado più totale. I ragazzi sono adolescenti allo sbando, vittime di adulti assenti.
La comunità, che faticosamente riescono a costruire, esce dal labirinto della caccia alle streghe di un sistema che, incapace d’interrogarsi, cerca colpevoli esterni: sono i ragazzi che sono sbagliati, sono i genitori incapaci di educarli. Quella comunità non nasconde i problemi per salvare l’immagine.
La legislazione scolastica dell’epoca disegna una scuola all’insegna della democrazia e del pluralismo. E’ la scuola che sogna Marilena, una scuola che garantisce pari opportunità, che garantisce l’uguaglianza sostanziale, scuola di tutti e di ciascuno.
Marilena ci racconta il percorso di crescita personale e collettiva che condusse quell’istituzione fuori dal labirinto della caccia alle streghe. Ma prima, nella prassi didattica, nonostante i cambiamenti culturali e sociali, quella scuola, incapace di stare al passo con i tempi, rimaneva quella del passato, scuola della selezione, dell’emarginazione, delle disuguaglianze sociali, scuola che volta le spalle ai ragazzi.
E oggi ? A distanza di più di quarant’anni cosa è cambiato?
Gli studenti abbandonano il sistema scolastico che non li accoglie. I dati sulla dispersione scolastica sono inquietanti. Sempre più giovani oggi non studiano e non lavorano. Molti, pur avendo un titolo di studio, non hanno le competenze per inserirsi nel mondo del lavoro. “E allora si può liquidare tutto questo dando la colpa agli altri o è venuto il momento che il sistema scuola s’interroghi?”, ha ribadito l’autrice.
E ancora: “Negli anni 80 madri, ancora una volta donne, donne sottomesse, vittime di mariti padri-padroni, incitavano le figlie a studiare, perché la scuola era vista come opportunità di riscatto sociale. Oggi, nell’immaginario collettivo, non è più così. Ragion per cui oggi più che mai s’impone l’ineludibile necessità, per la scuola, di ritrovare da un lato l’intenzionalità educativa e dall’altro il suo ruolo sociale all’interno della comunità.” Prosegue: “Marilena ci insegna che gli abitanti delle Vallette iniziarono a lottare per i diritti negati quando l’istituzione scuola si pose al loro fianco. E lottarono insieme ai loro figli per uscire dall’emarginazione, perché quei “pezzenti” sapevano di essere persone, come i loro figli sapevano di essere “girasoli”. Lo avevano imparato in quella scuola. Una scuola aperta al sociale può produrre reale cambiamento”.
L’autrice ha concluso lasciando ai presenti un interrogativo aperto: “Oggi la scuola può definirsi una comunità inclusiva che garantisce pari opportunità o è reale il rischio di una scuola che resuscita i fantasmi dell’emarginazione, senza dare le competenze necessarie per affrontare la complessità culturale odierna?”.