Torino, tragedia dopo l’amniocentesi: procura chiede condanna per interruzione colposa di gravidanza

Donna in attesa (canva) Dentrolanotiziabreak.it
Un caso delicato a Torino: amniocentesi, complicazioni, perdita di gravidanza gemellare: due ginecologi accusati di interruzione colposa.
Può una procedura medica, nata per offrire risposte e certezze, trasformarsi in tragedia?
La vicenda torinese riporta l’attenzione su un tema complesso come quello del delicato esame dell’amniocentesi.
Una paziente, due medici coinvolti, un processo che pone interrogativi su responsabilità, protocolli e limiti della medicina moderna.
La sentenza è attesa in autunno, ma il dibattito è già aperto. È davvero necessario eseguire questo esame? Vediamo a cosa serve e come viene eseguito.
Cos’è l’amniocentesi e perché è necessario eseguirla: vantaggi e rischi
L’amniocentesi è un esame prenatale che consiste nel prelievo di una piccola quantità di liquido amniotico, all’interno del quale si trovano cellule fetali e sostanze utili a individuare eventuali anomalie cromosomiche o genetiche. Viene generalmente proposta alle donne sopra i 35 anni o in presenza di particolari condizioni cliniche, come precedenti familiari di malattie ereditarie.
Tra i vantaggi principali vi è la possibilità di diagnosticare con largo anticipo alcune patologie, offrendo così ai genitori un quadro chiaro sulla salute del nascituro. Tuttavia, si tratta di un procedimento invasivo che comporta rischi non trascurabili: infezioni, perdite di liquido amniotico, contrazioni o, in rari casi, l’interruzione spontanea della gravidanza. È dunque un esame che richiede strutture adeguate e procedure rigorosamente rispettate.
Il processo a Torino: le richieste della procura e la tragedia della paziente
La vicenda processuale che si sta svolgendo a Torino nasce dal caso di una donna che, nel gennaio 2019, ha perso i due gemelli concepiti tramite procreazione assistita. Dopo essersi sottoposta ad amniocentesi presso un centro specializzato, la paziente ha sviluppato febbre e, successivamente, gravi dolori addominali. In ospedale le fu diagnosticata un’infezione da stafilococco e constatata la perdita dei feti. Secondo la procura, l’origine dell’infezione sarebbe riconducibile alle modalità con cui è stato effettuato l’esame, ritenute non adeguatamente rispettose delle procedure igieniche.
Per questo motivo il sostituto procuratore ha chiesto quattro mesi di carcere per il ginecologo responsabile dell’amniocentesi. Mentre per la figlia, anch’essa imputata perché non avrebbe prescritto tempestivamente una terapia antibiotica, è stata chiesta l’assoluzione per mancanza di nesso causale. La requisitoria ha così segnato una tappa cruciale del processo, che si avvia alle fasi finali. La sentenza, attesa in autunno, sarà decisiva per chiarire le responsabilità e restituire un verdetto su una triste vicenda che ha visto una madre perdere i suoi due bambini ancora prima di vederli nascere. Le indagini continuano.