Seduta aperta del Consiglio regionale contro la violenza sulle donne

Il presidente Allasia: “Le cifre sono terribili”

PIEMONTE – “Ogni tre giorni in Italia una donna muore perché vittima di violenza. I dati del Ministero dell’Interno in questo 2022, fino al 20 novembre, parlano di 273 omicidi registrati, con 104 vittime donne, di cui 88 uccise in ambito familiare-affettivo; di queste, 52 hanno trovato la morte per mano del partner o ex Partner. Sono cifre terribili”. Con queste parole il presidente del Consiglio regionale Stefano Allasia ha aperto la seduta del Consiglio aperto, svolta in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Allasia ha ricordato anche gli stupri, facendo riferimento a quello – recente – avvenuto nel Collegio universitario di Torino e ha aggiunto: “Non è certo una situazione riservata all’Italia, anzi. Nel resto del mondo sono moltissimi i paesi in cui la condizione della donna è di pesante subordinazione e porta con sé violenze fisiche e psicologiche insopportabili, insieme all’impossibilità di scegliere il proprio partner, la propria vita, un futuro sereno. In Iran per esempio le giovani donne si ribellano a un sistema che le vorrebbe senza identità fisica, coperte, ombre di sé stesse”.

Il presidente della Regione Alberto Cirio ha aggiunto che “un tema così grave non può essere limitato a una giornata di approfondimento. È giusto ricordare le vittime, ma anche pensare a ciò che si è fatto e a ciò che bisogna ancora fare. Ringrazio il presidente Chiamparino per aver adottato un Piano triennale a supporto dei centri antiviolenza e delle case rifugio, un Piano che ora sarà nostro impegno proseguire e rafforzare, perché l’idea che qualcuno possa sentirsi superiore a qualcun altro e, sulla base di questo, esercitare violenza fisica e psicologica, è abominevole”.

È intervenuta la Garante per l’infanzia e l’adolescenza Ylenia Serra: “il mio compito – ha affermato – è diffondere quanto contenuto nella convenzione Onu su minori coinvolti in tali violenze, che hanno diritto di essere protetti. La casa dovrebbe essere il luogo sicuro per eccellenza, eppure è qui che avvengono gli episodi più gravi di violenze fisiche, psicologiche e morali”.

Bruno Mellano, garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, ha aggiunto che “la presenza nelle 13 carceri piemontesi di persone che hanno condanne per reati afferenti alla violenza di genere è significativo: solo nel 2021 sono state 268 le persone in carcere per reati classificati ‘sex offender’, altre 100 sono invece le persone in carcere per reati sentinella”.

Ornella Toselli, presidente della Consulta femminile, ha elencato i dati dei femminicidi nell’ultimo anno in Italia: 125 dei quali 108 in ambito famigliare. “In Piemonte alcuni numeri sono in diminuzione ma comunque preoccupanti”, ha commentato.

Apprezzato l’intervento dei rappresentanti del Progetto Ambasciatori del Consiglio regionale, gli studenti George Macovei e Elena Rita Sette: “I giovani non vogliono più che tali questioni vengano trattate con superficialità, ma che sia garantito il loro futuro”. Macovei e Sette si sono poi soffermati su alcune situazioni discriminatorie, dai rientri serali al modo di vestirsi e al diritto delle relazioni interpersonali.

Il vice Presidente Associazione Iran Libero e Democratico Yoosef Lesani ha spiegato che dopo l’uccisione di Mahsa Amini da parte della cosiddetta polizia morale, diversi minorenni sono stati poi assassinati nel corso delle proteste. “In Iran la donna è discriminata, repressa e soggiogata, una situazione anacronistica e inaccettabile”.

La vice Presidente della Commissione pari opportunità Caterina Agus ha ricordato che il mondo social ha moltiplicato alcune discriminazioni e incentivato il retroterra culturale della violenza.

La dirigente della divisione di polizia anticrimine Barbara De Toma ha ribadito i dati relativi all’operato della Questura di Torino anticipati oggi sui quotidiani (link al Pdf). “È importante – ha detto – interrompere il ciclo della violenza, che altrimenti non ha mai fine”. Negli ultimi anni in effetti la recidiva nella provincia di Torino è calata notevolmente, sia per le violenze, sia per le molestie.

La consigliera di parità regionale Anna Mantini ha detto che non basta una legge a cambiare abitudini sociali, “ma parlare della violenza delle donne è indispensabile, non si pensi che sia un’inutile rito: il 25 novembre aumentano le richieste di aiuto, parlarne aiuta a capire che la soluzione c’è”.

La referente piemontese dell’Associazione donne in rete Francesca Brancato ha dichiarato che nelle ultime sentenze la violenza domestica è sempre meno citata, riducendo la gravità della violenza contro il genere femminile.

È quindi intervenuta Adriana Sumini dei Centri antiviolenza, che ha presentato il funzionamento dei centri di ascolto e del processo di accoglienza e supporto presso i Centri antiviolenza, le Case rifugio e altre strutture il cui obiettivo è la protezione dei soggetti maltrattati, facendo rete.

L’aumento dei maltrattamenti durante il periodo Covid è stato rammentato dalla rappresentante del Telefono Rosa Vittoria Maria Canavera. Nel 2021, ha poi aggiunto, sono state 4456 le richieste d’aiuto e 639 le donne accolte nelle strutture. “La centralità del Fondo vittime della Regione Piemonte – ha chiarito – oltre l’aiuto materiale, veicola un messaggio di vicinanza da parte delle istituzioni e per questo è ancor più fondamentale”.

La testimonianza del presidente dell’Associazione Cerchio degli uomini Andrea Santoro è quella di “un gruppo che cerca di fare la sua parte, dalla parte degli uomini, non solo con gli autori di violenza, ma anche nelle scuole combattendo gli stereotipi di genere e in generale per un ripensamento del ruolo dell’uomo come membro della famiglia”.

La vicepresidente dell’Associazione vittime di violenza, Simona Venuto, ha affermato che “le famiglie delle donne uccise hanno bisogno di essere sostenute dopo questi terribili episodi di violenza, soprattutto nel momento iniziale dopo il delitto”.

A nome di Cgil, Cisl e Uil ha preso la parola Bruna Tomasi Cont, della segreteria Cisl Piemonte: “Molto è stato fatto – ha dichiarato – ma auspichiamo di migliorare: dobbiamo fare di più per il lavoro delle donne, incentivare gli aiuti sociali e investire sulla formazione Stem (scienza, tecnologia, engeneering e matematica) delle ragazze”.

Per la segretaria reggente del sindacato Ugl Piemonte Silvia Marchetti. “la maggior parte dei femminicidi sono omicidi sviluppatisi in famiglia che hanno alla base stereotipi non ancora superati, anche nel mondo del lavoro, dove spesso ci sono molestie”.

Sara Zambaia, vicepresidente del Comitato diritti umani del Consiglio regionale, ha sottolineato l’importanza di questo Consiglio aperto: “Dare voce a questo mondo significa anche dare un merito alle donne che hanno denunciato e dare coraggio a chi ancora non l’ha fatto”.

Monica Canalis (Pd) ha detto che “talvolta si vede la famiglia come universo chiuso, con una sorta di visione privatistica. Questo modo di concepire la famiglia è riverbero di individualismo di donna e uomo: è necessario che la famiglia sia fortemente integrata con la comunità, sia nei momenti di gioia, sia in quelli di difficoltà”.

Silvana Accossato (Leu) si è soffermata sul ruolo degli uomini, “la consapevolezza maschile: importante la testimonianza dell’associazione maschile sentita oggi”, ricordando sia l’aspetto culturale, sia quello pratico e fattivo di queste iniziative.

Andrea Cane (Lega) è tornato sulla difficile condizione della donna in Afghanistan e in Iran. Ma in generale, “quando non si arriva alla morte, si compromette la salute fisica, morale e sessuale della donna: isolamento, incapacità di lavorare; gli stessi figli che assistono alla violenza nei nuclei familiari possono riportare danni psicologici gravissimi.

Mario Giacone (Monviso), si è detto convinto dell’utilità di questo Consiglio aperto: “Il problema continua infatti a essere grave: la violenza interessa una donna su tre. Tra il 2017 e il 2019 oltre 16mila donne sono andate in pronto soccorso con segni di violenza”.

Alessandra Biletta (Fi) ha affermato che il cambiamento culturale è necessario: “La violenza non  è solo un problema di ordine pubblico, ma soprattutto una questione di relazione donna-uomo. Per tale ragione si deve perseverare nell’opera di sensibilizzazione della società”.

Francesca Frediani (M4o) ha suggerito che “è fondamentale capire cosa succeda a una donna dopo la denuncia e cosa capiti poi all’uomo che l’ha maltrattata. Denunciare è una scelta difficile e dolorosa: dobbiamo intervenire sul dopo con forza”.

Domenico Rossi (Pd) ricorda le donne bruciate per stregoneria sino al 1600 inoltrato, anche in Italia e argomenta che il rapporto tra i sessi, con la sua complessità, attraversa tutte le epoche: “Riguarda gli individui, ma pure l’inconscio collettivo, a partire dalla gestione del potere nelle soietà”.

Letizia Nicotra (Lega) ha parlato di “numeri che fanno rabbrividire. Non c’è solo la violenza fisica, inaccettabile, ma anche quella psicologica: si pone la donna in posizione di subordinazione emotiva, con gravi ripercussioni. Disponiamo di una buona legge, il Codice rosso, bisogna sostenere le vittime e aiutarle in ogni fase”.

Sarah Disabato (M5s) ha affermato che la “violenza contro le donne è sistemica. La violenza maschile è l’espressione del patriarcato, un’oppressione non sporadico ma strutturale. Il femminicidio è solo la punta dell’iceberg: non è un fatto privato, c’è anche la violenza istituzionale.

Carlo Riva Vercellotti (Fdi) ha giudicato la violenza sulle donne “uno dei più vergognosi comportamenti umani. Il progresso di una società si deve misurare anche sull’eliminazione di abitudini inaccettabili. È giusto evidenziare il grande lavoro dei centri antiviolenza e delle case rifugio qui in Piemonte”.

L’assessore Vittoria Poggio ha definito, in conclusione, “una piaga sociale” la violenza contro le donne, “un fenomeno allarmante aumentato durante la pandemia: nel 2021 c’è stato un femminicidio ogni quattro giorni. Il comune denominatore è il fallimento della nostra società, talvolta incapace di accettare la parità nel rapporto di coppia”.

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