“Io futura mamma bis assunta al terzo mese di gravidanza”
Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Giulia Armosino, giovane donna e mamma astigiana che vorrebbe far conoscere la propria bella storia.
Mi sento di scrivere queste righe perché spero che la mia esperienza personale possa essere di incoraggiamento e supporto a tutte quelle donne che oggi faticano a trovare un posto nel mondo del lavoro.
Proprio in questi giorni è uscita un’intervista in cui l’imprenditrice Elisabetta Franchi sostiene di non conferire cariche dirigenziali importanti alle donne, perché non può permettersi che si assentino per maternità, perciò preferisce far ricoprire incarichi di rilievo a uomini o a donne “anta” ormai fuori dal periodo fertile.
In un periodo storico in cui per l’uomo lavorare è un diritto acquisito, che non pregiudica in alcun modo la sua vita privata, la donna si trova sempre a dover vivere la dicotomia “lavoro/famiglia” cercando di inventarsi i modi più assurdi per poter gestire al meglio entrambe le sfere.
Io faccio parte di quella categoria di donne danneggiate da un sistema che non le sostiene lavorativamente, ma svantaggia l’universo femminile, ancora di più se madre o aspirante tale.
Dopo la nascita del mio primo figlio sono rimasta senza lavoro e dal suo quarto mese di vita mi sono ritrovata a svolgere i lavori più disparati pur di contribuire al sostentamento della famiglia. Nonostante sia grata ad ogni lavoro svolto,non mi sono mai sentita appagata e non ho mai smesso di cercare altro, perché niente rispecchiava le mie attitudini e le mie passioni personali. A tutto ciò devo aggiungere la frustrazione di perdere attimi irripetibili dei primi mesi e anni di vita di mio figlio ai quali non ho potuto assistere, troppo spesso, in prima persona.
Il progetto di avere un secondo figlio, perciò, è sempre stato messo da parte, non per mancanza di desiderio di una nuova maternità, ma piuttosto per paura che questa potesse compromettere definitivamente qualsiasi ricerca di un lavoro stabile e dignitoso.
Nei primi mesi del 2022, ho scoperto di essere nuovamente incinta e contemporaneamente sono stata contattata da un’azienda alla quale mi ero proposta durante il lockdown del 2020 e che rappresentava per me la prima vera svolta lavorativa dopo anni di lavori precari.
La mia seconda gravidanza è iniziata male da subito e per fortuna ora sta proseguendo bene, ma al momento del colloquio con l’azienda, mi sono trovata molto combattuta sull’ informare o meno il titolare del mio stato. Ho deciso, per una forma di rispetto nei loro confronti, ma anche di integrità personale, di dire la verità, con la certezza che questa avrebbe compromesso l’esito del colloquio e con la speranza che ogni tanto l’onestà venisse premiata.
Quando sono uscita dagli uffici, dopo l’incontro in cui ho rivelato di essere in gravidanza, ho sentito di aver fatto una buona impressione e ho percepito di essermi trovata per la prima volta nel posto giusto, ma nemmeno per un secondo mi sono illusa, consapevole del fatto che nessuno avrebbe mai assunto una donna al terzo mese di gravidanza.
Inaspettatamente è arrivata una telefonata in cui mi hanno chiesto di fare un nuovo colloquio durante il quale ci siamo confermati le rispettive buone impressioni e mi hanno chiesto di iniziare il giorno seguente. Io non ho esitato neanche un secondo e mai ho pensato che la mia condizione potesse compromettere il mio lavoro, in quanto vorrei sottolineare che la gravidanza non è una malattia disabilitante.
Fin da subito mi sono state proposte buone condizioni, un buon contratto e una buona posizione. Dal primo istante mi sono sentita accolta da titolari e colleghe e in nessun momento il mio stato mi è sembrato un limite per loro e per me.
Mi trovo a sottolineare il bellissimo gesto che quest’azienda ha fatto per me perché, in questa società, quello che dovrebbe essere un comportamento normale, è invece qualcosa di straordinario e raro. Per la prima volta ho trovato un titolare che rispetta la figura della donna nella sua integrità e interezza, anche nel suo essere naturalmente predisposta a diventare madre. Per la prima volta ho trovato un titolare che non mi ha fatto sentire in difetto per voler essere allo stesso tempo mamma e lavoratrice e che valorizza le donne nel suo team perché le ritiene dotate di una marcia in più.
Ci tengo quindi a ringraziare pubblicamente il dott. Giorgio Sabbione e la sua fondamentale collaboratrice, nonché mia formatrice Valeria Perri, e tutto il team di Asti Clinic per avermi accolta e avermi restituito fiducia nell’umanità.
Spero che questa storia, oltre a dare coraggio alle donne che stanno vivendo una situazione analoga alla mia, sia di esempio e di ispirazione ad altri titolari d’aziende, e ricordi a tutti che essere madri non implica essere un peso per l’impresa.
Giulia Armosino