Elezioni comunali, l’intervento del Coordinamento Asti-Est

“Serve una nuova stagione di ribellione”

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa a firma del Coordinamento Asti-Est.

 

Si stanno approssimando le elezioni amministrative per la città di Asti. A dire il vero si svolgeranno i primi mesi del prossimo anno, ma la fibrillazione politica è già altissima.

Non vogliamo ostentare nessuna indifferenza verso questa scadenza, né come cittadine e cittadini né come movimento sociale per il diritto all’abitare. Nella nostra attività l’amministrazione comunale è un referente da cui non possiamo prescindere, anche quando il rapporto è conflittuale (e lo è stato assai spesso, e con amministrazioni di diverso colore politico). Non sarà quindi indifferente se dal 2022 nel palazzo municipale siederà un sindaco che guarda alle periferie o al partito del mattone, cioè la speculazione immobiliare e gli interessi – a volte opachi – che le gravitano attorno.

Ecco, già in questa ultima frase si segnala un problema. Abbiamo pensato al sindaco (o alla sindaca) che siederà in Municipio e non alla giunta comunale e tanto meno al consiglio che, in effetti, contano poco. Le riforme elettorali che nel tempo hanno toccato il livello comunale hanno creato il modello dello “uomo solo al comando”, interpretato con più o meno entusiasmo a seconda degli individui, ma quello è. Il consiglio comunale, svuotato di funzioni e poteri, non può che ratificare le proposte della giunta o prodursi in sterili interventi di condanna. E anche la giunta, più
che organismo collettivo, è lo staff del sindaco, la sua ‘squadra’.

E’ un modello ormai diffuso a tutti i livelli, che rende ininfluente il ruolo dell’opposizione e pertanto vanifica anche il ruolo dei cittadini elettori: se le mie scelte elettorali non sono state maggioritarie, non posso che stare a guardare e sperare vada meglio alla prossima elezione. Game over, gioca di nuovo quando sarà il tuo turno, nel frattempo la tua partecipazione non è richiesta anzi è molesta. Ma il livello dei problemi è ancora più profondo, e delineato con estrema lucidità da un intervento di Marco Bersani, esponente nazionale di Attac e della Società della Cura, di cui consigliamo vivamente la lettura (https://www.attac-italia.org/il-governo-draghi-vuole-la-fine-dei-comuni-e-ora-di-riprenderceli/). A questo intervento ci ispiriamo per alcune considerazioni e per evidenziare la grande discrepanza tra l’agitazione elettorale (che sia per interesse o per genuina passione, e non sono affatto la stessa cosa!) e le reali possibilità di incidere sulla carne viva delle nostre città, Asti compresa.

Il Comune è il luogo della democrazia di prossimità, perché è il più vicino alle persone. Fino agli anni 80 del secolo scorso ha esercitato davvero un grande ruolo di governo, anche attraverso le “municipalizzate”, vere aziende pubbliche che intervenivano nell’economia locale e con i loro utili sostenevano le spese sociali. Il protagonismo dei Comuni viene demolito proprio a partire dagli anni 80, quando si afferma la dottrina liberista e si inaugura la stagione delle privatizzazioni. Si sceglie deliberatamente di strangolare il pubblico per poter dire che non funziona: patto di stabilità finanziaria; riduzione drastica del personale; limitazione – fino all’azzeramento – della capacità
d’investimento delle amministrazioni locali; tagli dei trasferimenti da parte dello Stato; contrazione della spesa corrente; privatizzazione della Cassa Depositi e Prestiti e obbligo di finanziarsi sul mercato a tassi da usura. Molti comuni sono finiti in dissesto finanziario, ovvio, e hanno quasi annullato le loro capacità di intervento sul territorio. Fino al 2019. Poi arriva la pandemia, e si moltiplicano le spese che bisogna sostenere per contrastarla, e si riducono le entrate a seguito della sospensione della riscossione delle imposte locali.

L’attuale presidente del consiglio, il quasi beatificato Draghi, è un convinto sostenitore di questa linea politica, ricordiamo la famosa lettera-diktat del 2011 che scrisse da governatore della banca d’Italia al governo italiano, in combutta con Trichet, allora presidente della Bce. Si raccomandava la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Poi Draghi passò alla Bce, ‘salvò l’euro’ e le banche sempre e solo con la leva monetaria e senza che nessuno parlasse mai di riforme sociali, la povera Grecia di Tsipras ne sa qualcosa. Adesso, da presidente del consiglio in Italia, riafferma quell’impostazione con il Ddl concorrenza, approvato lo scorso 4 novembre. A questo punto, i comuni potrebbero anche chiudere bottega, non servono più a nulla.

Qualcuno ha provato a fare resistenza a questo corso sciagurato? Tanto più sciagurato alla luce della pandemia, che ha più che mai dimostrato la necessità di una nuova politica territoriale, orientata al sociale e all’ecologia? Sì, in tante e tanti, dalla lotta per l’acqua pubblica alle numerose comunità locali che si sono opposte (a volte con successo a volte no) a progetti devastanti per il territorio e per la socialità.

Anche ad Asti, compresi noi che abbiamo tenuto il faro acceso sui problemi delle periferie e sul loro scollamento progressivo dal contesto cittadino, sull’incuria e il degrado dell’edilizia residenziale pubblica, anzi le case popolari, a noi piace ancora chiamarle così. La stagione delle occupazioni abitative (sempre di edifici dismessi, vuoti e abbandonati allo sfacelo, che non servivano a nessuno) è stata una concreta dimostrazione di rigenerazione urbana, di soluzione a problemi sociali nonché della effettiva realizzazione del dettato costituzionale laddove parla, all’articolo 42, dell’utilità pubblica che anche la proprietà privata deve avere. Per non parlare della proprietà pubblica
abbandonata, una vera bestemmia e uno schiaffo in faccia alla povertà.

Ecco, il nuovo sindaco che si va cercando in tanti incontri pubblici o segreti, avrà contezza di questo scenario? Vorrà opporsi e inaugurare quella che Bersani definisce come una necessaria nuova stagione di ribellione? Lo chiediamo con preoccupazione alla luce delle trasformazioni anche soggettive, antropologiche emerse tra gli amministratori locali negli anni del neoliberismo: molti hanno interiorizzato la cultura delle privatizzazioni e ne sono divenuti convinti sostenitori; altri – pur denunciando la perdita del loro ruolo – non hanno dimostrato alcuna capacità di resistenza; nei casi migliori allargano le braccia per denunciare la loro impotenza ma senza mettere in discussione il contesto e procedendo tutt’al più a qualche intervento tampone, che noi definiamo di riduzione del danno. Non basta, il danno va risolto alla radice.

Se chi emergerà dalle consultazioni si vorrà impegnare ad una sana resistenza, avrà il nostro contributo. Altrimenti, le chiacchiere staranno a zero, avremo di nuovo un amministratore di politiche decise dall’alto, magari più compassionevole. E’ la cosiddetta governance, l’amministrazione tecnica che svuota e contrasta la partecipazione e il protagonismo dei cittadini, ridotti a meri destinatari di decisioni su cui non possono mettere becco. Speriamo di no.

Per il Coordinamento Asti-Est
Rasero, Clemente, Stennardo, Piccinini, Gullino, Sottile

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