Cia Asti a difesa della carne di qualità: “Nutriamoci non di sintetico ma di Razza Piemontese”

Appello ai consumatori: “Acquistare prodotti sani fa bene anche alla nostra economia”

ASTI – La carne in vitro mette in pericolo le eccellenze agrozootecniche italiane come la Razza Piemontese, fondamentali per la salvaguardia di biodiversità e di interi ecosistemi naturali, per fare spazio a prodotti artificiali che possono avere un impatto pesante sull’ambiente, senza certezze per la salute e il benessere dei cittadini”.  Marco Capra, presidente di Cia Asti, interviene nel dibattito in corso per richiamare l’attenzione sulla difesa di un pezzo importante dell’economia nazionale e locale.

Come evidenziato nel report che Nomisma ha realizzato per la recente conferenza  economica di Cia, il mercato mondiale di carne sintetica ha già registrato investimenti da capogiro pari a 1,3 miliardi, con le aziende di riferimento a livello mondiale, tra laboratori e start up, passate da 13 a 117 dal 2016 al 2022 e la produzione globale di carne in vitro che si prospetta al 2030 in aumento fino a 2,1 milioni di tonnellate. Stando allo scenario globale, serve per Cia mettere un freno a decisioni all’interno dell’Europa che possano rivelarsi sconsiderate e non basate su studi scientifici. Viceversa occorre valorizzare la produzione tipica, di qualità superiore e certificata, come la razza autoctona piemontese.

La Razza Bovina Piemontese è la più importante razza autoctona italiana da carne. Caratterizzata dal manto bianco, viene allevata per oltre il 90% in Piemonte. Gli allevamenti, interamente a gestione familiare, sono più di 4000 con una consistenza totale di oltre 300.000 capi. Nonostante i numeri ridotti, la Razza Piemontese è conosciuta in tutto il mondo grazie alle sue caratteristiche uniche: eleganza, finezza, grande muscolosità e accrescimento (con rese alla macellazione ≥70% dovuto all’ipertrofia muscolare), basso contenuto di colesterolo e tessuto connettivo oltre a un ottimo rapporto fra acidi grassi saturi ed insaturi (il rapporto di circa 1:3 a favore degli ultimi).

Diversamente dai sistemi intensivi di allevamento, la Piemontese ha un bassissimo impatto sull’inquinamento perché mangia erba sul territorio, spesso anche in alpeggio, contribuendo alla difesa del territorio. Non sono rare le aziende che riescono a coprire l’intero ciclo produttivo, da pascoli e foraggere fino alla vendita finale al consumatore: un “ciclo chiuso” che garantisce la totale tracciabilità, anche genetica, degli animali.

A fronte di un impegno così forte, le condizioni economiche sono spesso critiche e disincentivanti, ancor più nell’ultimo anno con l’impatto dei rincari energetici su tutte le materie prime.

L’economista Stefano Massaglia, docente al dipartimento di Agraria dell’Università di Torino, in uno studio curato per Cia Asti ha stimato che tra 2021 e 2022 i costi energetici sono saliti del 70%, quelli per l’alimentazione dei capi del 15% mentre gli incassi risultano in media in calo del 40 per cento.

C’è il rischio concreto che molti giovani impegnati nella prosecuzione di attività di famiglia non riescano più a ricavare il reddito minimo a fronte di una vita di enormi sacrifici. “Per questo – sottolinea il presidente Marco Capra, che è anche responsabile del comparto zootecnico di Cia Piemonteè fondamentale l’alleanza con il mondo dei consumatori: acquistare carne di Fassone piemontese fa bene alla salute, alla nostra economia e alla salvaguardia del nostro territorio”.

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