Un convegno nazionale in ricordo di PdB

Domani e domenica si parlerà di astigianità, del suo contributo all’editoria e del suo essere stato tra i maggiori divulgatori della cultura giudaica

ASTI – Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e di essere suo amico, sa che Paolo De Benedetti (1927-2016) amava porre e rispondere alle domande. Dubbioso per eccellenza, trascorse l’intera vita a studiare, insaziabile di sapere e conoscenza. È stato un teologo biblista, scrittore, docente di Giudaismo e di Antico Testamento. E se l’ebraismo astigiano continua a vivere, pur in assenza di comunità, è anche grazie alla sua straordinaria cultura e al suo personale prestigio. Una persona di grande levatura culturale ma soprattutto di levatura umana, sensibile a 360° ai problemi e alle vicissitudini della sua amata Asti, attento alla natura e agli animali, soprattutto cani e gatti, di cui ha voluto circondarsi sino alla fine dei suoi giorni. Sempre al fianco di Maria, che per lui è stata non solo una sorella, ma anche e soprattutto una presenza costante e un solido pilastro. Umberto Eco lo aveva soprannominato PdB e lo aveva chiamato “Re delle enciclopedie”: infatti Paolo lavorò alla Bompiani, alla Garzanti e alle Edizioni Paoline, ma non solo. Scrisse numerosi libri, tra cui “Teologia degli animali” (2007), “Se così si può dire… Variazioni sull’ebraismo vivente” (2013), “Quale Gesù? Una prospettiva marrana” (2014), solo per citarne alcuni. Testi mai spessi, sia nei contenuti sia nel peso, perché secondo lui – che amava definirsi Cristiano la domenica ed Ebreo tutti gli altri giorni – il miglior libro è quello che “può caderti sul piede senza provocare dolore”.
Come dicevamo all’inizio, Paolo De Benedetti rispondeva sempre con gioia alle domande, e considerava un pregio la curiosità. Un giorno, nel suo salotto di casa pieno di libri e con il gatto accoccolato sulle gambe, mi spiegò il perché: «Voglio raccontarti una storia vera, avvenuta circa 1800 anni fa in Babilonia, dove all’epoca c’era una grande maggioranza di ebrei e tanti studiosi. Tra questi c’era un maestro babilonese che studiava incessantemente per colmare la sua sete di sapere. Un giorno volle consultare un maestro semiebreo di grande caratura, ma ovviamente non poteva farlo tramite mail… gli mandò dunque 30 cammelli carichi di domande, a cui il maestro semiebreo rispose con gioia. Quell’evento fu certamente una grazia e un dono per la Babilonia. Io ho una grandissima considerazione per le domande e per chi le fa. Perché le domande provocano delle risposte, e sono fondamentali in qualunque tipo di cultura. Che si ricominci a coltivare una letteratura di domande e risposte». Una simile personalità favorisce il moltiplicarsi degli incontri in sua memoria, non di rado contraddistinti da un taglio piuttosto emozionale. Per ricordare Paolo De Benedetti, domani e domenica 2 dicembre si terrà il convegno nazionale intitolato “Narrare: la parola scritta e orale”.

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