ASTI – Il Centro di Medicina della Riproduzione dell’Ospedale di Asti ha ricevuto un’importante attestato da parte del Cnt – Centro Nazionale Trapianti, organismo dell’Istituto Superiore di Sanità: è stato infatti inserito nell’elenco nazionale delle strutture Pma (Procreazione Medicalmente Assistita) certificate e nel Compendio Europeo degli istituti dei tessuti.
Un riconoscimento che è assegnato sulla base di parametri di eccellenza, a seguito di una verifica che ha lo scopo di controllare la presenza di tutti i requisiti necessari. Vengono valutati dal Cnt e dalla Regione di appartenenza il livello dell’attività, la qualità e la sicurezza della struttura, la preparazione del personale, l’attenzione clinica agli eventi avversi.
In tutto il Piemonte sono 4 – incluso Asti – i centri pubblici o convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale che hanno ottenuto la certificazione, a cui si aggiungono altri 4 centri privati.
Il Centro di Medicina della Riproduzione del Cardinal Massaia è guidato dalla dottoressa Elisabetta Dolfin, all’interno della struttura di Ostetrica e Ginecologia dell’Asl AT diretta dal dottor Maggiorino Barbero. È uno dei pochissimi centri di III livello della nostra regione.
L’équipe degli operatori comprende tre ginecologhe, due biologhe, una psicologa, un’ostetrica, due infermieri, un anestesista e un consulente andrologo. L’attività è organizzata in una parte ambulatoriale e in una parte di laboratorio. L’ambulatorio si occupa dei colloqui con le coppie, delle visite, degli esami e dei consulti psicologici, preliminari all’accesso ai programmi terapeutici. Un percorso al termine del quale si può procedere con i trattamenti veri e propri, che possono essere di I livello o di II livello (attraverso tecnica Fivet o Icsi).
L’anno si è aperto con ottimi risultati: sono già 5 i bambini nati nel mese di gennaio grazie all’operato del centro. Dall’avvio dell’attività, avvenuto nel corso del 2017 (il laboratorio è entrato in funzione da maggio), le nascite sono già state 88, nonostante l’emergenza Covid che in occasione del primo lockdown della primavera 2020 ha costretto la struttura a una chiusura di qualche mese.