TORINO – Questa settimana vogliamo compiere insieme a voi un tour virtuale nel segno del più antico museo egizio al mondo (fondato nel 1824), secondo per importanza solo a quello del Cairo. In questo viaggio che trascende tempi e spazi del Museo Egizio, a far da Cicerone sarà la dott.ssa Alessia Fassone. Originaria di Asti, l’egittologa e curatrice del museo di Torino ci condurrà lungo un percorso di simboli e miti, in un fil rouge che lega il passato al presente e al futuro.
Laureata in Egittologia presso l’Università di Torino, dove ha anche conseguito il diploma di Specializzazione in Archeologia, Alessia Fassone ha compiuto numerose campagne di lavoro su scavi archeologici in Italia e in Egitto. Per circa dieci anni ha partecipato alle attività di studio e sul campo della Missione Archeologica Italiana ad Alessandria d’Egitto, con un ruolo attivo nello scavo e nello studio dei materiali archeologici dei siti di Bahrein e dell’Isola di Nelson. Come esperto egittologo del Ministero degli Affari Esteri Italiano, ha preso parte al progetto “Grand Egyptian Museum – Giza”, svoltosi presso il Museo Egizio del Cairo nel 2004. Il suo lavoro si è inoltre rivolto alla divulgazione dedicata all’antico Egitto, all’insegnamento per studenti e adulti, alla redazione di testi sulla civiltà egiziana, al turismo culturale. Presso il Museo Egizio ha lavorato per circa quindici anni come guida egittologica autorizzata, ha collaborato alla schedatura delle collezioni conservate nei magazzini del museo e attualmente ricopre il ruolo di Curatore per la Fondazione per il Museo e le Antichità Egizie. Inoltre, è interessata alla diffusione dell’egittomania e alla storia dell’Egitto moderno e contemporaneo.
Di cosa si occupa? Quali sono le sue attività?
Dall’estate del 2014 lavoro per la Fondazione Museo Egizio e ho partecipato al riallestimento del museo, occupandomi delle sezioni dedicate all’epoca Tolemaica, Romana e tardo antica, e della Sala Nubiana, dove è collocato il tempio di Ellesiya.
Attualmente, mi occupo in particolare di attività di inclusione sociale e di didattica, divulgazione presso pubblici alternativi.
A questo si affiancano le attività ordinarie dell’Ufficio Curatori (Dipartimento Collezione e Ricerca), legate allo studio dei reperti, all’assistenza agli studiosi in visita, alla progettazione di eventi espositivi in museo e fuori. Tra queste, lo scorso anno ho seguito l’elaborazione dei materiali e dei testi della mostra “Reines d’Egypte” a Montréal (Canada), dove era esposto anche il corredo della Regina Nefertari proveniente da Torino, insieme ad altri reperti di musei europei e nordamericani.
L’attività scientifica in corso sulle collezioni del Museo. Quali sono le ultime novità?
Negli ultimi anni il Museo ha messo la ricerca al centro delle sue attività, e proprio lo studio della collezione permette la creazione di eventi di presentazione dei risultati che si rivolgono sia agli studiosi sia al grande pubblico. Tra le iniziative per gli addetti ai lavori, cito la recente creazione della Rivista del Museo Egizio (RIME), pubblicata online su https://rivista.museoegizio.it/ e giunta alla sua seconda uscita. Nello scorso autunno si sono tenute in museo tre giornate di Workshop sulle ricerche incentrate sul sito di Deir el-Medina, che ha visto la partecipazione di numerosi studiosi italiani e stranieri, e che ha gettato le basi per la costituzione di una rete di ricerca internazionale. Inoltre, è stata avviata un’importante campagna di digitalizzazione dei documenti cartacei e fotografici provenienti dagli archivi del museo, che consente di rileggere la storia della nostra istituzione attraverso il tempo in modo sempre più dettagliato e preciso. Questi lavori hanno inoltre permesso l’organizzazione di una mostra dedicata agli scavi “storici” del Museo in Egitto all’inizio del Novecento, che si è tenuta durante il 2017, dal titolo “Missione Egitto” https://museoegizio.it/esplora/mostre/missione-egitto/ L’ottica di queste iniziative è la creazione di un database aperto e accessibile a chiunque, dove le informazioni sulla collezione siano disponibili a studiosi e appassionati di tutto il mondo. Un altro modo di approcciare il pubblico è l’offerta di mostre itineranti su varie tematiche relative alla civiltà egizia, che portano il nome del Museo Egizio nel mondo: dalla Cina al Sud Africa, dal Nord America all’Europa.
Il Museo è in continua evoluzione. Che importanza riveste la tecnologia?
L’evoluzione delle tecnologie e delle scienze offre anche all’archeologia nuovi strumenti e metodiche di indagine, che possono permettere l’acquisizione di informazioni finora inaccessibili. In questo senso, il Museo Egizio ha sempre nutrito grande fiducia nel progresso tecnico: si pensi alla decisione di Ernesto Schiaparelli, nei primi anni del Novecento, di non sbendare le mummie di Kha e Merit (come era invece in voga fare all’epoca), nella speranza che un giorno sarebbero state disponibili strumentazioni che permettevano di “vedere” cosa fosse contenuto nelle bende senza rovinare la mummia. E così è stato, con le prime radiografie fatte eseguire da Silvio Curto negli anni ’60 fino alle TAC più recenti e rivelatrici di numerosi particolari. Per esempio, oggi è possibile riprodurre con una stampante 3D i gioielli che Kha e Merit portano ancora sul loro corpo, perfettamente riprodotti grazie alle immagini tomografiche. Proprio in questa prospettiva, è stata recentemente inaugurata la mostra “Archeologia Invisibile” al Museo Egizio, in cui la tecnologia serve a svelare i segreti di alcuni reperti della collezione, attraverso l’incontro fra il lavoro di ricostruzione storica degli archeologi e dei conservatori e gli strumenti mutuati dalle più recenti frontiere dello sviluppo tecnologico. L’interazione con la chimica, la fisica o la radiologia, permette di rivelare elementi e notizie altrimenti inaccessibili e invisibili agli occhi su alcuni oggetti del Museo, tra cui mummie, sarcofagi, papiri, suppellettili. A partire dallo scavo (momento della scoperta di un oggetto), attraverso le analisi e il restauro, è possibile riportare a nuova vita un reperto e renderlo “parlante”.
In una (im)possibile classifica, tra migliaia di reperti da vedere al Museo, cosa metterebbe ai primi tre posti?
È praticamente impossibile fare una hit parade dei reperti, perché è qualcosa di molto personale. Il pubblico in genere si aspetta di vedere qualcosa che faccia sognare e che porti in un mondo di oscuro mistero. Io invece tengo a sottolineare come la civiltà egizia fosse fortemente colorata e vitale, come le esigenze di uomini e donne dell’epoca siano vicine a quelle di oggi, e come soprattutto la nostra conoscenza dell’Egitto sia particolarmente dettagliata, sia grazie ai testi scritti sia all’enorme quantità di materiali conservati dal clima caldo e secco.
Tra questi documenti, voglio segnalare un papiro su cui è disegnata la pianta della tomba di Ramesse IV nella Valle dei Re (C. 1185), dove troviamo indicazione sulle dimensioni degli ambienti e sulla collocazione del sarcofago e delle cappelle in legno che dovevano circondarlo. Questo dimostra che l’amministrazione dello stato è tutt’altro che misteriosa!
Un’altra testimonianza curiosa è legata alla biancheria intima ritrovata nel corredo dell’architetto Kha, che ci mostra prima di tutto un’attenzione particolare per la cura del corpo e per la pulizia. Si tratta di pezze triangolari, si indossava legando due lembi alla vita, passando il terzo lembo in mezzo alle gambe e fermandolo sul davanti. La particolarità di questi “ciripà” è che sono anche cifrati: il monogramma di Kha è ricamato o dipinto sulla stoffa, per far sì che ognuno riconoscesse la propria biancheria dopo il lavaggio in comune. Esisteva quindi nel villaggio operaio di Deir el-Medina una sorta di servizio di lavanderia collettiva; questo era infatti il luogo dove vivevano le maestranze che lavoravano alla realizzazione delle tombe nella Valle dei Re e nella Valle delle Regine.
Il terzo oggetto a cui sono particolarmente affezionata è una copertura di mummia appartenente a una donna, vissuta nell’Egitto di età romana, donata al Museo dal collezionista Garré. È realizzata in cartonnage (una sorta di cartapesta) dorato con occhi in cristallo, e mostra una donna con un’acconciatura di tipo romano semicoperta da un velo, un mantello frangiato (himation) annodato al petto, bracciali a forma di serpente e una collana di fiori rosa, tutti elementi connessi al culto di Iside. Al di là della sua bellezza estetica, questo reperto è una sintesi delle tradizioni egiziane (a cui si riferiscono gli elementi del culto di Iside) con la moda romana che caratterizzava l’epoca.
Quali sono le iniziative sul territorio volte alla conoscenza e diffusione dell’arte e della cultura dell’Egitto?
Il patrimonio artistico e archeologico è il mezzo per la creazione di attività a carattere didattico museale e di divulgazione, prodotte con il coinvolgimento attivo della comunità egiziana e nordafricana, con il supporto delle professionalità scientifiche e didattiche del Museo Egizio, per raggiungere diverse categorie di utenti: i migranti, le donne, i bambini in età scolare e gli adolescenti stranieri. La lettura fornita dalle persone coinvolte potrà arricchire la nostra interpretazione degli stessi reperti e darci la possibilità di tradurre l’offerta formativa museale in un linguaggio più adatto al nuovo pubblico. Il Museo Egizio promuove diversi progetti sul lungo termine, tra cui promozioni sui biglietti, giornate di studio e di incontro con performances artistiche, percorsi di avvicinamento alle collezioni e di inserimento nel tessuto culturale cittadino. Speciali attività si svolgono anche fuori dal Museo, presso ospedali, carceri, biblioteche di quartiere e periferie.
Dal 2015 il Museo Egizio è tornato a scavare a Saqqara, a Sud del Cairo. Su cosa indaga la missione, quali ricerche state conducendo, quali risultati avete già attenuto?
La campagna di scavo ha ripreso le sue attività di ricerca con lo scopo di continuare le indagini sulle camere funerarie sotterranee che erano state scoperte tempo prima. Lo scavo si svolgerà nella necropoli del Nuovo Regno, a nord della Tomba di Maya e Merit, dove, nel 2017, sono state ritrovate due piccole cappelle di Età Ramesside. Sul campo operano studiosi e ricercatori di provenienza internazionale: egittologi, archeologi, esperti di ceramica, un’antropologa fisica che si occupa dello studio dei resti umani e una disegnatrice. Come lo scorso anno, la missione sarà supportata dal 3D Survey Group, Department ABC, del Politecnico di Milano, che eseguirà delle scansioni sotterranee. Con loro, anche The Friends of Saqqara Foundation, un restauratore e un antropologo. Il team è all’opera per studiare le tombe della necropoli del Nuovo Regno le cui tombe sono datate dal 1400 a.C. Non si tratta di una necropoli che conteneva tombe di faraoni, ma erano per lo più tombe di funzionari e generali. https://museoegizio.it/esplora/notizie/nuova-campagna-di-scavo-a-saqqara-2019/
Infine, qual è il prossimo obiettivo del Museo?
Tra gli obiettivi che il museo si prefigge, posso senza dubbio citare una sempre più fitta rete di collaborazioni scientifiche a livello nazionale e internazionale, un’apertura sempre più ampia agli studiosi di tutto il mondo con la digitalizzazione dei dati, delle immagini e dei documenti sulla collezione, una promozione della cultura a 360° sul territorio e una politica di accessibilità a tutti i tipi di pubblico, anche e soprattutto a coloro che non possono accedere fisicamente in museo.
Per info:
Museo Egizio
Via Accademia delle Scienze 6, Torino
Tel: 011-5617776
info@museoegizio.it
https://museoegizio.it