Quando la redazione mi ha proposto di scrivere un articolo sulla legislazione vitivinicola ne sono stato particolarmente lieto, in quanto ritengo l’argomento di estremo interesse ed attualità. Diritto e vino, due mondi apparentemente distanti tra loro ma che in realtà sono molto vicini. Sempre più spesso, purtroppo, i Tribunali e le Corti si occupano di vino e quasi sempre per questioni legate alla sofisticazione, adulterazione, alterazione e contraffazione del prodotto.
Le frodi alimentari
Le frodi alimentari sono sostanzialmente riconducibili alle due grandi tipologie delle frodi sanitarie e di quelle commerciali, a seconda del danno al consumatore che sono idonee a cagionare. Come suggerito dalla stessa denominazione, le frodi sanitarie producono normalmente un danno alla salute e consistono nella sofisticazione, nell’adulterazione e nell’alterazione del prodotto.
Le frodi commerciali, invece, causano danni economici al consumatore e possono essere riassumibili nella fattispecie della contraffazione.
Per sofisticazione si intende normalmente l’aggiunta di sostanze estranee all’alimento, idonee ad alterarne la naturale composizione, oppure nella sostituzione di uno o più elementi dell’alimento con sostanze vietate dalla legge o di valore e qualità inferiori, in modo da migliorarne l’aspetto e coprirne eventuali difetti.
Si ha adulterazione, invece, nel momento in cui, per ottenere un tornaconto economico, si ha aggiunta ovvero sottrazione volontaria e non dichiarata di alcuni elementi dell’alimento, comportandone una modificazione della composizione analitica. L’esempio classico è l’aggiunta di acqua al vino.
L’alterazione, invece, è la modifica nella composizione e nei caratteri organolettici dell’alimento, modifica causata da fenomeni degenerativi determinati da cattiva o prolungata conservazione, si pensi ad esempio al vino cosiddetto vino inacidito.
Infine abbiamo la contraffazione, vale a dire l’azione fraudolenta consistente nella vendita di prodotti industriali con nomi o marchi volti a trarre in inganno il consumatore.
La tutela del consumatore
In tutti questi casi, il produttore sarà sicuramente punito con sanzione penale, mentre il consumatore avrà la possibilità di chiedere il risarcimento del danno, intervenendo come persona offesa dal reato.
Al riguardo, un ruolo molto importante è stato assunto di recente dai Consorzi di tutela, soggetti collettivi, a partecipazione volontaria, portatori e garanti degli interessi condivisi dai singoli che vi prendono parte. La legge conferisce a tali Consorzi funzioni di assistenza tecnica, analisi e studio delle produzioni DOP, IGP etc. e, soprattutto, funzioni di tutela delle stesse da eventuali contraffazioni, abusi, pratiche scorrette od ingannevoli.
I Consorzi, per espressa disposizione di legge (L. 238 del 12/12/2016, art. 86), sono legittimati a costituirsi parte civile nei procedimenti penali, al fine di tutelare gli interessi dei consociati.
L’impresa vitivinicola deve quindi garantire che i prodotti siano sani e sicuri e su di essa gravano, pertanto, alcuni obblighi fondamentali previsti da una serie di norme atte a garantire l’igiene e la sicurezza degli alimenti e, nel nostro caso specifico, del vino.
Il produttore è quindi tenuto ad indicare in etichetta tutta una serie di elementi obbligatori che variano a seconda che si tratti di un vino “da tavola” oppure di un vino di qualità.
In linea generale le informazioni obbligatorie riguardano la denominazione di vendita, l’indicazione dell’azienda imbottigliatrice, la zona di produzione, la percentuale di alcol sul volume e il lotto di produzione nonché la presenza eventuale di solfiti o altri allergeni.
Vige infatti sul produttore l’obbligo di verità sulle informazioni inserite in etichetta.
A questo proposito è prevista un’ulteriore tutela per il consumatore, recentemente introdotta, attraverso la tecnologia blockchain, tutela “preventiva” tramite algoritmi e internet.
L’etichetta 2.0 è ora in grado di narrare, passo per passo, l’intera storia della bottiglia di vino.
Il consumatore non deve far altro che inquadrare con il proprio telefonino il QR-code che trova sull’etichetta ed automaticamente potrà accedere a tutte le informazioni relative a quella determinata bottiglia.
Nella sostanza è stato creato un registro pubblico ed immodificabile legato alla firma digitale del produttore. Ed è proprio questa impossibilità di modificare i dati che garantisce al consumatore di non essere frodato.
Tuttavia si tratta di una tecnologia ancora giovane e quindi le etichette 2.0 sono ancora rare. Nell’attesa, quindi, che sempre più cantine inizino ad utilizzare la tecnologia blockchain, non ci resta che stappare ed imparare a conoscere il vino.
Avv. Pasquale Demetrio