Riceviamo e pubblichiamo
Dalla “stanza per l’ascolto”, ai manifesti nella sale d’attesa dei consultori, alla sepoltura dei feti, e infine (almeno per ora) al Convegno organizzato dal Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli (che ha lo scopo di “promuovere i valori tradizionali e politiche ad essi ispirate. Patriottismo, tradizione e libertà sono i nostri princìpi guida”), si moltiplicano anche nelle sedi istituzionali le iniziative per limitare le libertà delle donne e ostacolare la piena attuazione della legge n. 194 del 1978 nella parte che riguarda l’interruzione volontaria della gravidanza. Nella Sala stampa di Montecitorio è stato presentato un libro dal titolo “Biopoetica. Breve critica filosofica all’aborto e all’eutanasia”: dove è stato tra l’altro affermato che la legge 194 violerebbe i diritti del padre e che l’aborto non sarebbe legittimo neanche in caso di violenza sessuale; in poche parole, il diritto della donna ad abortire sarebbe un diritto che richiede un’autorizzazione.
Fortunatamente legiferare non è compito dei filosofi, ma questi signori dovrebbero almeno conoscere le leggi di cui parlano e i diritti che esse riconoscono. È bene ricordare che la legge 194 “garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile” (art. 1) e riconosce il diritto all’interruzione della gravidanza: e dunque non può obbligare una donna alla procreazione non voluta e/o conseguenza di una violenza subita perché “la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute … psichica” (art. 4) a meno che, in omaggio alla tradizione di un lontano passato e ai suoi valori, gli attuali filosofi presi in prestito da una grande disciplina quale è la filosofia che non vorrebbe certo, in questo caso, essere presa a riferimento, si prefiggano di convincere il legislatore a reintrodurre la possibilità del matrimonio riparatore!
Risulta davvero strano che si debba ricorrere ad altri concetti pur di non accettare il valore acquisito negli anni di grandi battaglie che è la donna a dover decidere sul proprio corpo; questo ha sempre comportato grande fatica psichica perché nessuna donna si è avvicinata all’aborto senza ansie o paure. Occorre serietà e cautela nel concedere l’uso dello spazio pubblico, che è lo spazio di tutte e tutti, a iniziative folcloristiche logore e inconsistenti..
Occorre serietà nel trattare il tema dell’aborto, della vita e di tutto ciò che sta intorno ad essa.
Occorre che non si pensi che questo paese dopo tante battaglie portate avanti dalle donne possa mai pensare di tornare indietro.
Viviana Garbagnoli
Portavoce Donne Democratiche Piemonte
con le Donne Democratiche della Provincia di Asti