ASTI – La bellezza femminile accostata alle pietre preziose e la miseria sui visi delle mogli dei minatori che distribuiscono ai mariti le lampade per scendere sottoterra.
Ma, seppure lo sguardo indugi a immaginare come dovesse essere, nello stesso periodo di un secolo fa, la vita nella Belle Époque o nel buio di cave sotterranee, non sono queste le immagini che emozionano di più le visitatrici alla mostra “Le donne al Magmax“.
E’ quella in bianco e nero, scattata tra il 1942 e il 1943 nell’Unione Sovietica invasa dai nazisti. Una donna si accinge a prendere il posto del marito minatore che sta combattendo nella battaglia di Stalingrado, da cui non tornerà: la miniera è in Donbass, nella stessa terra in cui, da un anno, ucraini e russi conducono una guerra, di cui siamo spettatori, che sembra non finire mai. Una foto che accorcia la distanza del tempo e fa pensare alle tante donne che presero il posto dei loro uomini, alla Way-Assauto, durante la seconda guerra mondiale. Una storia che ci appartiene.
“Le donne al Magmax” è l’omaggio che il Museo della Torre Quartero ha voluto dedicare all’universo femminile per la Giornata dell’8 marzo, ma non solo. La mostra, che ha carattere temporaneo, resterà aperta fino al 25 aprile con ingresso libero: basta prenotarsi (328.1698691; astimagmax@gmail.com) e raggiungere l‘ingresso di corso Alfieri 360, davanti a Liceo Classico Alfieri.
Seppure con percorsi privati e professionali diversi, le storie inattese, improbabili, sorprendenti delle donne che hanno dato un contributo decisivo nello studio delle scienze della terra o che hanno patito lo sfruttamento nei lavori collegati all’estrazione in miniera, nell’esposizione al Magmax acquistano la stessa importanza per la determinazione e il coraggio che esprimono.
“Siamo fieri – dice Massimo Umberto Tomalino, fondatore del Magmax con Francesca Busa – di aver aperto una finestra sul rapporto quasi mai raccontato tra le donne, le scienze della terra e il lavoro minerario: c’è tanto da scoprire“. Molto interesse da parte delle visitatrici che, l’8 marzo, con presenze significative hanno voluto raggiungere il Museo di mineralogia in gruppo: il personale femminile del Museo dei Fossili ha messo particolare attenzione alle storie della prima paleontologa Mary Anning, di Marie Curie e di Dorothy Hodgkin, premi Nobel per la chimica.
Le signore dell’Anpi, impegnate a tenere svegli i valori della Resistenza, si sono commosse ascoltando il racconto di Adriana Trevis, una delle pochissime donne laureate in chimica sotto il fascismo, pagando poi con l’anonimato la “colpa” di avere, come lei stessa raccontava, “radici ebraiche”.
Ha parlato di lei, conducendo le visite guidate, Massimo Umberto Tomalino: perché Adriana Trevis, di cui sono esposti alcuni oggetti personali come la lente di ingrandimento, è stata sua mentore, senza di lei non avrebbe sviluppato da ragazzino l’amore per la mineralogia che adesso si palesa in mostra con il pezzo “numero 1”, dal colore chiaro del quarzo, il primo dei circa 7000 che compongono la collezione del Magmax.
Ma c’è tempo anche per sorridere, nella Torre Quartero, scorrendo i documenti inediti dedicati alle donne: sfogliando i rari e piccoli calendari da barbiere che esaltavano, nel Novecento, le pietre preziose o osservando le statuette in cera e altri lavori artistici dedicati a Santa Barbara, patrona dei minatori, i cui festeggiamenti costituiscono ancora adesso, in tutto il mondo, l’unica ragione per fermare l’attività estrattiva. La visita guidata dura un’ora, ma al Magmax si sfora spesso e volentieri, e anche questo è motivo per non mancare.