Sono quasi due anni che la pandemia miete vittime in ogni parte dl mondo, lasciando dietro di sé lutti e dolori. Non per tutti, però, e non nello stesso modo. Anzi, a livello sociale ha prodotto effetti differenziati poiché ha agito diversamente nei comportamenti individuali e collettivi, sia per le regole di contrasto adottate dai diversi governi, sia per gli effetti economici che ha prodotto su famiglie, gruppi sociali, singoli individui.
Tutti gli analisti economici e sociali – nazionali e internazionali – concordano nell’affermare che, anche a causa della pandemia, in tutto il mondo si sono accentuate le disuguaglianze, con effetti assai più accentuati nei paesi nei quali la maggioranza della popolazione non ha avuto la possibilità di accedere ai vaccini e di godere di serie misure di contrasto alla pandemia.
Il rapporto OXFAM documenta come nel mondo la pandemia abbia creato 163 milioni di nuovi poveri, considerando tali le persone che guadagnano meno di 2 dollari al giorno. Nel contempo, l’1% della popolazione mondiale ha visto crescere il proprio patrimonio netto da 700 a 1500 miliardi di dollari. In Italia i super ricchi hanno visto aumentare il loro patrimonio del 56%, mentre un milione di italiani cadeva in povertà.
L’accentuarsi drammatico delle disuguaglianze economiche e sociali, le quali, come è noto, incidono pesantemente anche sulla possibilità di accedere alle cure, ha provocato reazioni assai significative in una parte di coloro che detengono questi enormi patrimoni (oltre che da parte di studiosi, governi e Istituzioni internazionali).
A Davos, dove si riunisce periodicamente l’élite dei super miliardari, 102 di essi hanno pubblicato una lettera aperta ai governi in cui chiedevano di aumentare loro le tasse e al fine di ridurre le disuguaglianze e aumentare servizi pubblici come la sanità. La lettera così si conclude: «Per il bene di tutti noi, ricchi e poveri, è arrivato il momento di affronatre le disuguaglianze, e di tassare i ricchi. Mostrate ai popoli del mondo di meritare la loro fiducia. Se non lo fate, tutti i vostri colloqui privati non cambieranno quello che sta per arrivare: o le tasse, o i forconi. Ascoltate la storia, e fate una scelta saggia» (La Stampa, 20/1/2022).
Larri Fink, cofondatore e presidente di BlackRock, la maggiore società d’investimenti globali, ha scritto una lunga lettera (La Stampa, 19/12/22) agli amministratori delegati di imprese globali nella quale sottolinea, tra l’altro, come «la pandemia (abbia fatto) luce su questioni come l’uguaglianza etnica, l’assistenza all’infanzia e la salute mentale, rivelando il divario tra le aspettative generazionali sul lavoro» e la necessità che i detentori di grandi ricchezze investano sulla salute dei propri dipendenti, favorendo l’uguaglianza etnica e una significativa crescita dei salari.
Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco (La Repubblica, 19/01/’22), dopo aver messo in rilievo come nonostante l’imponente crescita del PIL mondiale, sia «cambiata la distribuzione dei redditi all’interno dei singoli paesi, in generale con un aumento di disuguaglianza», sottolinea come si sia «anche ridotto il grado di mobilità sociale inter-generazionale (dai genitori ai figli) lungo quattro principiali dimensioni: reddito, grado di istruzione, qualità del lavoro, salute».
Sono questioni che da tempo in Italia le oganizzazioni sindacali sottolineano e chiedono di affrontare con decisione, attraverso politiche economiche e sociali adeguate ed oggi rese più urgenti dal fatto che tutti i rilevatori che riguardano i lavoratori e, più generalmente, i ceti sociali più disagiati (la cui fascia si è peraltro ulteriormente allargata) segnalano ulteriori peggioramenti, in conseguenza della caduta dei redditi, dell’estendersi delle aree di sotto salario e del lavoro precario, del dilatarsi della piaga della disoccupazione, che colpisce soprattutto giovani e lavoratrici e lavoratori cinquantenni.
La pandemia ha anche reso evidente, almeno per taluni aspetti, come la ricchezza economica delle persone sia talvolta inversamente proporzionale alla loro utilità sociale. Abbiamo letto di super manager liquidati con cifre enormi, anche in presenza di risultati non sempre adeguati delle imprese da loro dirette, di calciatori super pagati, di redditieri che senza particolare merito hanno visto accrescere il loro patrimonio unicamente attraverso attività speculative e, per converso, ricercatrici precarie che, pur svolgendo ricerche decisive per creare il vaccino anti Covid, venivano pagate 800 euro al mese. Non è l’unico caso, anzi. Basta vedere quanto poco pagati siano infermieri e ausiliari – ieri considerati eroi ed oggi guardati con sospetto a fronte delle giuste e legittime richieste di potenziamento delle strutture e di assunzione di nuovo personale -, quanto sia diffuso il lavoro nero, quanto pesino sul reddito delle persone i sotto salari praticati in vasti settori del commercio e nei cosiddetti lavori precari. Un vasto mondo di lavoratori che non godono di tutele adeguate e ancor meno di salari bastanti ad un vivere dignitoso. Ma anche chi un lavoro stabile lo ha e vive con salari annuali compresi tra i 15.000 e i 30.000 euro deve fare continuamente i conti con il costo della vita che cresce ogni giorno, della mancanza di case dignitose e di adeguate prospettive per i figli. Ebbene tutti loro non hanno ricevuto alcuna adeguata forma di sostegno durante la pandemia, pur essendo stati decisivi nel “mantenere aperta” l’Italia.
Anche per queste ragioni siamo stati contrari alla Finanziaria, approvata dal Governo e dal Parlamento, che affermando di voler sostenere i redditi più bassi, attraverso la rimodulazione delle fasce fiscali di reddito, premia i redditi oltre i 50.000 euro. Tutti i redditi, anche quelli milionari.
Sappiamo che il reddito disponibile dei lavoratori dipende da molti fattori, sovente disattesi: mancati inquadramenti contrattuali, orari di lavoro ridotti, contratti a tempo determinato, prelievi fiscali e il crescente peso delle “bollette”.
Per tutte queste ragioni riteniamo che il 2022 debba essere da parte del sindacato dedicato a battaglie per ridurre le disuguaglianze. La strada non sarà breve: ed è per questo che pensiamo che prima incominciamo e prima arriveremo ad ottenere risultati attesi da anni.
Luca Quagliotti
Segretario generale CGIL Asti