ASTI – Lo scorso 28 novembre papa Francesco si rivolse ai circa seimila studenti e insegnanti, riuniti per l’Incontro per l’educazione alla Pace e alla Cura nell’Aula Paolo VI in Vaticano, tratteggiando con poche ma efficaci parole la figura di san Giovanni XXIII (1881-1963) quale testimone di pace: «Fu chiamato il “Papa buono”, e anche il “Papa della pace”, perché in quegli inizi difficili degli anni Sessanta marcati da forti tensioni – la costruzione del muro di Berlino, la crisi di Cuba, la guerra fredda e la minaccia nucleare – pubblicò la famosa e profetica enciclica Pacem in terris. L’anno prossimo saranno 60 anni, ed è attualissima! Papa Giovanni si rivolse a tutti gli uomini di buona volontà, chiedendo la soluzione pacifica di tutte le guerre attraverso il dialogo e il disarmo. Fu un appello che riscosse una grande attenzione nel mondo, ben oltre la comunità cattolica, perché aveva colto un bisogno di tutta l’umanità, che è ancora quello di oggi. Per questo vi invito a leggere e studiare la Pacem in terris, e a seguire questa strada per difendere e diffondere la pace».
L’enciclica Pacem in terris fu pubblicata l’11 aprile 1963, pochi mesi dopo la crisi dei missili di Cuba con cui il mondo fu concretamente a un passo dall’apocalisse nucleare. Proprio quando la contrapposizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica sembrava aver raggiunto il punto di non ritorno, il 25 ottobre 1962 papa Giovanni fece udire la propria voce con un radiomessaggio rivolto ai governanti e a tutti gli uomini di buona volontà: «La Chiesa non ha nel cuore che la pace e la fraternità tra gli uomini, e lavora affinché questi obiettivi si realizzino. Noi ricordiamo a questo proposito i gravi doveri di coloro che hanno la responsabilità del potere. E aggiungiamo: con la mano sulla coscienza, che ascoltino il grido angoscioso che, da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: pace! Pace!» Grazie anche a questo intervento diretto e accorato del papa, la crisi rientrò nel volgere di un mese, ma rimase sentita e urgente la necessità di trattare in maniera più ampia e organica il tema della pace, «anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi» (Pacem in terris, 1), rivolgendosi non solo a tutti i cristiani ma anche a tutti gli uomini di buona volontà, perché l’orizzonte della pace, per sua stessa natura, deve abbracciare l’umanità intera. Si arrivò così, nel giorno di Giovedì Santo del 1963, alla pubblicazione di quella che fu l’ultima enciclica di papa Giovanni XXIII prima della sua morte, avvenuta il 3 giugno di quell’anno.
In considerazione del particolare momento storico che stiamo vivendo, in cui i temi di questo documento pontificio sono così tragicamente attuali, anche il nostro Museo Diocesano ha voluto raccogliere lo stimolo di papa Francesco allo studio e alla riflessione, organizzando una serie di eventi culturali dal titolo “Dialoghi per i 60 anni dell’enciclica Pacem in terris”, in collaborazione con la Biblioteca del Seminario Vescovile di Asti, la Gazzetta d’Asti, la Pastorale Sociale e del Lavoro, Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato della Diocesi di Asti, ACLI Asti e Associazione Ethica. “Dialoghi” perché, come ricordato dallo stesso papa Francesco, il dialogo dovrebbe essere una delle pietre angolari per costruire una pace solida e duratura.
Il primo “dialogo”, che farà da cornice a tutti gli altri, sarà la mostra “Il rumore delle lacrime” che sarà inaugurata venerdì 3 marzo alle ore 17.30 presso il Museo Diocesano San Giovanni. Un dialogo artistico sul tema della guerra, dunque, condotto dal torinese Massimo Greco e dall’astigiano Giulio Lucente con due linguaggi pittorici molto diversi e, per certi versi, complementari tra loro. La precisa figuratività di Greco trasporta in tempi e spazi sospesi un istante di vita dei personaggi rappresentati, dei quali allo spettatore non è dato conoscere la storia: quello che si vede sono i volti, lucidi specchi delle tragedie vissute dai protagonisti. In questa atmosfera rarefatta, evocata dal pittore, le figure umane trascendono il loro vissuto per assumere una connotazione di iconicità in cui però, con mirabile maestria, il pathos viene mantenuto intatto. Diversa è la scelta stilistica di Lucente che, con un linguaggio che unisce informale e figurativo, trascina lo spettatore in una dimensione dominata dalla bufera della guerra in cui la quotidianità si sgretola come le tessere di un mosaico abbandonato, in cui si assiste impotenti allo smottamento verso l’abisso del senso delle cose e dei simboli, «dell’oro che s’è spento sui mogani» di montaliana memoria. In questi lavori, ciò che rimane sempre nitido, quasi graffiato sul supporto dell’opera, sono linee di puntamento che evocano quelle di armi sempre più sofisticate e implacabili, linee che non definiscono spazi sicuri a cui aggrapparsi ma bersagli da colpire, mentre la figura umana, quando non è completamente perduta nella bufera, diventa un esile gioco di tratti che si dissolvono nel caos, quasi a evocare fantasmi che hanno forse già raggiunto un luogo di pace che su questa terra è stato loro negato.
Vista l’eccezionalità della ricorrenza, a corollario della mostra, saranno esposte pubblicazioni significative che trattano dell’enciclica e articoli della Gazzetta d’Asti che consentiranno al visitatore di valutare qual è stato l’impatto di questo importante documento sul dibattito pubblico della comunità astigiana, non solo nell’anno della sua pubblicazione ma per tutti i decenni successivi, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Il percorso espositivo, curato da Clizia Orlando, sarà aperto al pubblico dal 3 marzo al 30 aprile 2023 con il seguente orario: fino al 2 aprile, venerdì 15-18, sabato e domenica 9.30-13 e 15-18; dal 3 aprile, venerdì 16-19, sabato e domenica 9.30-13 e 16-19; nei restanti giorni della settimana su prenotazione all’indirizzo museo@sicdat.it oppure allo 351.707.7031. Possibilità di visite guidate su prenotazione.
Per tutta la durata dell’evento l’ingresso al Museo Diocesano sarà con offerta libera.
RECAPITI
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