Ieri 28 settembre, il Festival dei Popoli ha fatto tappa nella suggestiva cornice del Museo diocesano San Giovanni, che ha ospitato una tavola rotonda organizzata da Caritas Asti in collaborazione con l’Ufficio diocesano Pastorale Migranti dal titolo “Il Diritto all’immigrazione: quali cambiamenti dopo la tragedia di Cutro?”.
L’incontro, accreditato dall’Ordine degli Avvocati di Asti e dall’Ordine degli Assistenti Sociali del Piemonte, è stato moderato da Beppe Amico (direttore Caritas Asti) e Paolo Maccario (codirettore Migrantes Asti) e ha visto la partecipazione degli avvocati Ivana Roagna e Federico Freni, entrambi soci ASGI (Associazione per gli studi giuridici sull’Immigrazione), che hanno illustrato alla folta platea le novità normative introdotte dalla Legge di conversione 50/2023 del Decreto Cutro e le conseguenze giuridiche e materiali della sua applicazione.
Il Decreto Cutro deve il suo nome alla tragedia consumatasi a pochi metri dalla costa ionica, presso la località di Steccato di Cutro, nella notte tra il 25 ed il 26 febbraio 2023 quando un barcone partito dalla Turchia con a bordo circa 180 persone naufragò causando la morte di 94 persone, tra cui 34 minori, 31 dei quali sotto i 14 anni. Il Governo italiano decise di svolgere il Consiglio dei Ministri del 9 marzo a Cutro, a pochi chilometri dalla costa del naufragio, scoprendo una targa a memoria della tragedia con impresse le parole di Papa Francesco che recitano “Mai più viaggi della morte”.
A poche ore da questo gesto il Consiglio dei ministri emanò alcune norme destinate ad incidere fortemente sulla gestione del fenomeno migratorio limitando fortemente i diritti dei migranti. “Accanto alle norme condivisibili che inaspriscono le pene contro i trafficanti di essere umani – spiegano Roagna e Freni –, il Decreto Cutro, convertito poi in legge, limita fortemente l’utilizzo dello strumento della protezione speciale che aveva permesso a decine di migliaia di migranti che avevano un lavoro, un reddito, una rete di legami familiari di continuare il proprio percorso di vita in Italia. Stesso discorso si può fare per il permesso di soggiorno per cure mediche che diventa inconvertibile alla scadenza e costringe il migrante, una volta guarito, ma spesso anche integrato nel tessuto sociale, a tornarsene al proprio paese”.
Lo stesso orientamento restrittivo e securitario lo si riscontra anche nel recente decreto-legge del 22 settembre 2023 per cui i migranti che arrivano in Italia e avanzano richiesta d’asilo possono sottrarsi alla detenzione amministrativa nei cosiddetti Centri per le procedure accelerate di frontiera (che al momento, fra l’altro, non esistono) pagando una cauzione di 4.938 euro. La tendenza che emerge dal recente filone normativo è quella di aumentare e rendere più semplici le procedure di espulsione del migrante a rischio di ledere i diritti umani e il diritto internazionale, “unici appigli rimasti – dichiara Roagna – per garantire alle persone che raggiungo l’Europa un trattamento dignitoso”. Si tratta, tuttavia, di procedimenti molto lunghi (anche 10 anni) e quindi difficili da intraprendere e portare a termine, soprattutto su larga scala, lasciando quindi la maggior parte dei migranti in balia di normative nazionali in aperta violazione del diritto internazionale. Al termine del dibattito resta la consapevolezza di essere dalla parte giusta, quella dei diritti, che costa fatica e, a volte, frustrazione, ma nella quale dobbiamo restare e impegnarci.
Le conclusioni dell’incontro sono state affidate al Vescovo di Asti, Mons. Marco Prastaro, che riprendendo le parole dei due avvocati ha rivolto l’invito a “continuare l’attività di resistenza, combattendo le ingiustizie, coltivando i valori dell’accoglienza e riconoscendo nell’altro una persona portatrice di diritti”.