Un crescendo di intolleranze e aggressioni di carattere razziale tale che, se ci trovassimo di fronte una classe dirigente degna di questa definizione, non potrebbe non preoccupare. Invece si tende a sminuire sempre tutto, riducendo l’intolleranza montante a “quattro cretini” certo da condannare, ma isolati. Così non è, come dimostrato dal succedersi di episodi.
Fermo restando i dubbi che permangono su quello, mediaticamente più rilevante, che ha visto vittima l’atleta Daisy Osakue (nata e cresciuta in Italia, con buona pace dei molti, anche tra i colleghi giornalisti, che si sono complimentati con lei per l’ottimo italiano… scontato, per una cittadina italiana, appunto), i casi di violenza ed intolleranza stanno iniziando a diventare troppi per continuare a considerarli fatti a sé stanti.
Dalla “ronda” indagata per l’omicidio preterintenzionale dell’immigrato marocchino ad Aprilia all’italo-senegalese cacciato dall’Asl di Roseto degli Abruzzi perché “Questo non è l’ufficio veterinario” gli episodi si moltiplicano esponenzialmente e il senso d’impunibilità, vera “benzina” per la xenofobia, aumenta.
Certo, fortunatamente c’è chi, come il proprietario di un bar in Sardegna, ha consigliato a degli avventori,che non volevano farsi servire da un cameriere nero, di cambiare bar. Ma non basta. E’ necessario fare molto di più per sconfiggere razzismo, ignoranza e paure.