TORINO – Il periodo di isolamento sociale dovuto all’emergenza coronavirus ha portato alla luce il delicato tema della salute mentale, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha parlato di un’emergenza Covid-19 anche psichica, data dall’aumento di disturbi quali ansia e depressione. Quest’ultima è riconosciuta come prima causa di disabilità a livello mondiale e riguarda circa 3 milioni di italiani, di cui circa 1 milione soffre della forma più grave, la depressione maggiore.
Considerando solo il Piemonte, dai dati Istat si stima che quasi 100.000 piemontesi soffrano di depressione maggiore, di cui circa 11.000 non rispondono ai trattamenti, secondo la rielaborazione su base regionale dei dati dello studio epidemiologico italiano Dory, volto a identificare, attraverso un’analisi di database amministrativi, i pazienti affetti da depressione resistente.
“Oltre alla depressione maggiore, esistono anche altre forme di depressione, o meglio di condizioni psichiche che vengono assimilate alla depressione, ma che costituiscono un gruppo eterogeneo di disturbi e di problemi”, afferma Vincenzo Villari, Direttore Dipartimento Neuroscienze e Salute Mentale, A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino. “Il confine tra le diverse condizioni non è sempre così chiaro ai pazienti e ai loro familiari che talvolta non hanno completa consapevolezza della gravità del problema, della necessità di effettuare cure efficaci e per un tempo sufficiente. Oltre la metà delle persone che soffrono di depressione non accede così alle cure oppure effettua terapie che non danno i risultati attesi perché non sono di provata efficacia o che non sono adeguate perché sottodosate e/o attuate per un periodo non sufficiente; o perché non c’è una buona aderenza al trattamento. In tutti questi casi vi è un consistente rischio di cronicizzazione con gravi ripercussioni sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari e sui rischi connessi alla depressione”.
In tale contesto, Istituzioni e rappresentati locali a livello medico, assistenziale e sociale si sono confrontati, in modalità virtuale, su come affrontare più efficacemente la malattia, superare lo stigma associato alla depressione, facilitare l’accesso alla diagnosi e alle cure più appropriate. La tappa piemontese ha ospitato una delle undici tavole rotonde organizzate da Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, che fanno parte del percorso di sensibilizzazione “Uscire dall’ombra della depressione”, un’occasione istituzionale volta non solo alla presentazione del Manifesto Uscire dall’ombra della depressione, ma anche del Libro bianco sulla salute mentale in Italia. L’iniziativa gode del patrocinio della Regione Piemonte, della Città di Torino, delle società scientifiche SIP – Società Italiana di Psichiatria e SINPF – Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, di Cittadinanzattiva e Progetto Itaca, ed è stata organizzata con contributo incondizionato di Janssen Italia, l’azienda farmaceutica del Gruppo Johnson & Johnson.
“L’informazione sulla depressione come patologia curabile dovrebbe raggiungere l’intera popolazione”, continua Villari. “È essenziale la sensibilizzazione dei medici di medicina generale, per favorire la diagnosi e l’intervento precoce che, nei casi non complicati, è di loro pertinenza. Le psicoterapie per la depressione basate sulle evidenze dovrebbero essere disponibili per tutti i cittadini come anche programmi di prevenzione primaria e secondaria per le persone, le famiglie e gli ambienti a rischio”.
La depressione, inoltre, ha un forte impatto sulla qualità della vita e sui costi sanitari e sociali che risultano molto elevati. “I costi diretti non sono l’unico tassello da tenere in considerazione se si vuole cogliere appieno il peso economico e sociale di questa patologia. I costi indiretti (sociali e previdenziali) la fanno da padrone in quanto rappresentano il 70% del totale dei costi della malattia, con un forte impatto sulle giornate perse da lavoro ed incremento della disabilità”, dice Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Direttore del EEHTA del CEIS dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. “Basti pensare ai costi previdenziali, che hanno avuto un incremento del 38% negli ultimi 5 anni, legati all’elevato numero di giorni di assenza dal lavoro causato dalla depressione maggiore, alla perdita di produttività legata al presenteismo. Visto l’incremento previsto del numero delle persone con depressione in seguito alla pandemia di Covid-19, il peso economico della malattia è destinato ad aumentare”.
Anche il costo legato agli assegni ordinari di invalidità e alle pensioni di inabilità, che si aggira intorno ai 106 milioni di euro, pari a 9.500 euro annui a beneficiario, rientra tra quelli indiretti legati alla malattia. Nel Piemonte, secondo un’analisi dell’EEHTA del CEIS (Economic Evaluation and HTA CEIS) basata su dati del 2015, tali prestazioni di invalidità previdenziale vengono concesse a 1 persona con depressione maggiore ogni 100.000 abitanti. Analizzando la situazione per provincia, ad Alessandria sono state accolte 1,9 domande di invalidità previdenziale, a cui seguono Vercelli con 1,4, Novara con 1,1, Cuneo con 1, Torino con 0,7 e infine Asti con 0,5 ogni 100.000 abitanti. “Questi dati testimoniano che stiamo parlando di una malattia fortemente invalidante, che impatta in maniera significativa sulla vita dei pazienti e della società, da molteplici punti di vista”, prosegue Mennini. “Gestire il paziente in una fase precoce della malattia consente non solo un miglioramento della sua qualità di vita, ma anche una riduzione dell’impatto dei costi per il sistema sanitario e sociale”.
“Questa serie di incontri rientra nel percorso intrapreso da Onda nel 2019 per accendere i riflettori sul tema della depressione”, commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda. “Nel 2019 è stato presentato alla Camera dei Deputati il Manifesto ‘Uscire dall’ombra della depressione’, una call to action in dieci punti che ha raccolto il consenso di un gruppo di Parlamentari di Senato e Camera per mettere in atto azioni concrete sul fronte della prevenzione e della facilitazione nell’accesso ai percorsi di diagnosi e cura. I primi risultati di un’azione di lobby positiva si sono già visti con la recente approvazione di un emendamento al Dl Rilancio in Commissione Bilancio legata alla possibilità per gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale di ampliare l’organico per fornire supporto psicologico alle persone colpite da Covid19. Il nostro impegno si è poi spostato a livello territoriale con l’organizzazione di undici tavole rotonde regionali. Dopo aver fatto tappa in Campania, Lazio, in Lombardia e Sicilia, siamo oggi in Piemonte per poi proseguire in Veneto, Puglia, Emilia-Romagna, Sardegna, Calabria e Toscana. L’obiettivo che ci proponiamo è declinare i dieci punti del Manifesto a livello regionale, facilitare la costituzione di gruppi inter-consigliari, superare lo stigma nei confronti di questa patologia e migliorare l’accesso alle cure, a beneficio della qualità di vita dei pazienti che soffrono di depressione. Azioni che si sono rese più necessarie dopo il lockdown e il distanziamento forzato a seguito dei quali è previsto un aumento dei casi di depressione che potranno arrivare a sfiorare i 3.500.000 a causa della crisi economica, sociale e affettiva”.
“La depressione maggiore è una malattia psichiatrica spesso non diagnosticata, non compresa nella sua gravità, spesso misconosciuta”, aggiunge l’On. Rossana Boldi, vice Presidente Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati. “Compromette la vita lavorativa, sociale e affettiva di chi ne è affetto, e spesso, a causa dello stigma che ne consegue, rifiuta la diagnosi. Credo sia arrivato il momento che le Istituzioni si facciano carico in modo concreto del problema. Tre milioni e mezzo di pazienti in Italia, di cui due terzi donne, non possono più essere trascurati. Mi auguro che il manifesto presentato grazie a Onda, diventi la base per proposte concrete per definire un Piano Nazionale per la depressione, mirato a stabilire percorsi certi per la prevenzione, la diagnosi e la cura di questa patologia. Un piano che finalmente metta al centro i pazienti e le loro famiglie e sappia cogliere la complessità di questa patologia”.
“Janssen è impegnata da oltre 60 anni nel campo della salute mentale. In questi decenni, abbiamo sviluppato ben 2 molecole ritenute fondamentali dall’OMS per il trattamento della schizofrenia e la nostra attività di ricerca e sviluppo ci permetterà di portare presto in Italia e nel mondo la prima vera innovazione nel trattamento della depressione maggiore dopo decenni”, dichiara Massimo Scaccabarozzi, Presidente e Amministratore Delegato di Janssen Italia, l’azienda farmaceutica del Gruppo Johnson&Johnson, che ha sostenuto l’iniziativa. “La nostra presenza qui oggi rappresenta il segnale concreto del nostro impegno nel promuovere momenti di confronto costruttivo tra tutti gli attori coinvolti, particolarmente in un momento critico come quello che stiamo vivendo da mesi. La depressione è una malattia vera e propria e i pazienti che ne soffrono devono essere aiutati con i percorsi di diagnosi, trattamento e sostegno più appropriati. E questo è un obiettivo che si può raggiungere solo insieme: operando tutti come sistema, accanto alle persone che soffrono di depressione e ai loro familiari”.
“Dalla letteratura la nostra è una delle Regioni Italiane dove l’incidenza di domande per assegno o pensioni per questa patologia è sotto la media italiana”, rassicura Alessandro Stecco, Presidente Commissione Sanità Regione Piemonte. “Questo, se da una parte indica una rete efficace, dall’altra probabilmente è un indicatore forte per l’amministrazione regionale a continuare a lavorare per garantire una diagnosi precoce e un altrettanto tempestivo trattamento della patologia. Impedire gradi maggiori di disabilità conseguente alla progressione della malattia, infatti, può comportare già nel medio periodo una riduzione di costi diretti e indiretti. In questo senso trovo ottima l’iniziativa di mettere in risalto questa tematica da parte della Fondazione Onda”.