La storia di Danilo Dolci, il “Gandhi italiano”, raccontata ad Asti dall’avvocato Roberto Capra

Il valore della libertà in un romanzo in cui emergono le battaglie per gli ultimi, il coraggio, la forza trasmessa con la nonviolenza

ASTI – Alcune persone hanno realmente contribuito a farci essere ciò che siamo oggi sotto il profilo delle libertà. Persone non così conosciute come si dovrebbe, piccole gocce che nel tempo hanno scavato la roccia e hanno consentito di far fluire le libertà e i diritti di cui oggi tutti godiamo.

Tra queste c’è Danilo Dolci (Sesana, 1924 – Trappeto, 1997), intellettuale, educatore, attivista della nonviolenza, soprannominato il “Gandhi italiano”.

Il giornalista Massimiliano Peggio con l’autore del libro. Foto C.L.

La storia di Dolci è stata raccontata ieri dall’avvocato Roberto Capra, presidente della Camera penale di Piemonte e Valle d’Aosta “Vittorio Chiusano”, protagonista nelle vesti di scrittore in un incontro al FuoriLuogo che ha visto la presenza del Procuratore Biagio Mazzeo e del comandante provinciale dei Carabinieri, colonnello Paolo Lando.

Nell’incontro, organizzato dalla Sezione di Asti della Camera penale e moderato dal giornalista Massimiliano Peggio, l’avvocato Capra ha presentato il suo ultimo libro, intitolato “Processo alla libertà. Danilo Dolci, gli ultimi e un ragazzo” (Zolfo Editore).

L’idea di scrivere il romanzo è nata da una “chiacchierata” tra l’avv. Capra e l’avv. Antonio Rossomando, calabrese che ha lavorato sempre a Torino ma che studiò in Sicilia. “Lui mi raccontò la storia del processo di Dolci, straordinario per molte ragioni, che vide in prima persona a Palermo nel 1956”, ha esordito Capra. “Mi raccontò delle centinaia di persone che accorsero in tribunale per assistere al processo, tanto che in molti restarono fuori dall’aula. Rossomando, all’epoca praticamente, venne letteralmente assalito dalla gente che voleva ricevere informazioni su quanto stesse accadendo. Un modo persino romantico di fare informazione e comunicazione giudiziaria, se paragonato a oggi”.

Torniamo dunque al libro, che ci porta come anticipato nella Palermo del 1956. Dagli occhi di un curioso ragazzino siciliano (“Sarebbe Rossomando – ha svelato Capra – ma gli ho tolto qualche anno dal punto di vista narrativo”), ci possiamo immergere in uno dei processi più importanti della neonata Repubblica italiana.

Nel dopoguerra, con una Costituzione che ancora doveva essere compresa, Danilo Dolci mise in atto le sue azioni nonviolente per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla cronica mancanza del lavoro in una Sicilia tormentata e che appariva sospesa nel tempo, nella quale si moriva ogni giorno anche solo di fame.

“Dolci si fece carico della gravissima situazione economica complessiva e sociale della Sicilia dell’epoca – ha detto l’avv. Capra -. Prese a cuore e decise di attirare l’attenzione sulla questione, perché secondo lui lo Stato non faceva quello che avrebbe dovuto fare, vale a dire creare le condizioni per poter consentire a tutti di lavorare, come cita l’art. 4 della Costituzione”.

Dolci era un uomo dalle mille sfaccettature, soprattutto era refrattario alla pigrizia del potere.

In una prima fase portò mille pescatori in spiaggia a protestare attraverso un digiuno collettivo, ma la manifestazione fu interrotta perché sostanzialmente non si poteva digiunare in pubblico – ha spiegato Capra -.  Allora passò alla fase successiva, ovvero organizzando uno sciopero alla rovescia. Guidò un gruppo di braccianti disoccupati a risistemare una vecchia strada dissestata per far capire che la gente aveva voglia di lavorare, senza atti violenti e senza pretesa di pagamento. Dolci, che era anche un buon difensore di se stesso, prima di fare questo fece un giro per l’Italia e andò a parlare dei suoi propositi a una serie di intellettuali, sperando nel loro intervento/supporto”.

Arrivarono poi le accuse e il processo. Al fianco di Dolci si schierarono avvocati e intellettuali che hanno fatto la Resistenza e che si affannarono per far diventare unito e moderno un Paese ancora colmo di contraddizioni.

L’avv. Capra ha aggiunto: Nel processo vennero citati come testimoni tutti gli intellettuali con cui aveva parlato. Oggi sarebbe improbabile chiedere e ottenere da un giudice di ammettere una persona che testimoni sulle idee di un’altra. Evidentemente il presidente del collegio dell’epoca aveva inteso la grandezza del processo che, come già detto, fu straordinario per mille motivi.

C’era Dolci con le sue idee, c’era il rapporto tra Costituzione e Testo Unico di Pubblica Sicurezza, c’erano i testimoni tra cui Carlo Levi e Norberto Bobbio, sentiti sulle idee di Dolci. E poi c’erano gli avvocati degli imputati, che furono una decina oltre a Dolci, alcuni detenuti e altri a piede libero. Ogni imputato aveva due difensori, quindi una ventina di avvocati, tutti di qualità, la maggior parte erano parlamentari, fino a Piero Calamandrei, coinvolto quale Padre Costituente. Calamandrei fece un’arringa di difesa della Costituzione tra le più famose in assoluto in Italia, contenuta nel mio romanzo in versione integrale”.

Al centro l’avvocato Ferruccio Rattazzi mentre riceve il riconoscimento. Foto C.L.

L’incontro al FuoriLuogo ha emozionato e carpito l’attenzione del pubblico presente. Durante l’evento l’avvocato Roberto Capra, su idea dell’avvocato Davide Gatti, presidente della Sezione di Asti della Camera Penale Chiusano, ha consegnato un riconoscimento a Ferruccio Rattazzi, iscritto dal 1993 e rappresentante della camera penale per 16 anni.

Diamo con onore un riconoscimento a Ferruccio Rattazzi, uno tra gli avvocati più importanti del Foro di Asti. Per tutti noi è un maestro; da lui abbiamo imparato che le proprie idee vanno sostenute con carattere e determinazione. La Camera Penale Chiusano è da sempre attenta nel riconoscere l’importanza delle persone diventate maestre in una professione, la nostra, che ha una forte componente di trasmissione dei valori da chi è più esperto a chi arriva e a chi ci sarà”.

                                                                                                                                                                             C.L.

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