Mentre l’Italia ha registrato, nel 2022, il record storico delle esportazioni del vino nel mondo per un valore vicino agli 8 miliardi di euro, il bel “clima” economico-culturale rischia di essere fortemente compromesso da rincari energetici, dal moltiplicarsi delle imitazioni sui mercati esteri e, ultimo ma non ultimo, dal nuovo protezionismo alimentato dagli allarmi salutistici in etichetta, che vanno ad equiparare il vino ai super alcolici e, addirittura, alle sigarette.
Malgrado la contrarietà di Italia, Francia, Spagna e altri sei Stati membri dell’Unione Europea, la stessa Ue ha concesso all’Irlanda l’autorizzazione ad utilizzare, per vino e birra, un’etichetta analoga a quella delle sigarette che recita “nuoce alla salute”. Un’etichetta, dunque, con avvertenze fuorvianti e che non tiene conto delle sostanziali e basilari differenze tra vini/birra e alcolici/superalcolici, in termini di quantità, contenuti e gradazione alcolica.
Il via libera dell’Unione Europea alle etichette allarmistiche sul vino in Irlanda (il cosiddetto Cancer plan) rappresenta, così, un pericoloso precedente che rischia di aprire le porte ad una normativa comunitaria allarmistica e ingiustificata, capace di influenzare negativamente le scelte dei consumatori. Un approccio ideologico nei confronti di un alimento che fa parte a pieno titolo della Dieta Mediterranea, per altro Patrimonio Unesco, e che conta 8mila anni di storia.
A pesare sulla prima voce dell’export agroalimentare nazionale, inoltre, sono gli aumenti dei costi di produzione diretti o indiretti a causa del caro energia. Nei vigneti si registrano rincari che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio. Una bottiglia di vetro – spiega la Coldiretti – costa fino al 50% in più rispetto allo scorso anno, mentre il prezzo dei tappi ha superato il 20% per quelli di sughero e addirittura il 40% per quelli di altri materiali. Per le gabbiette per i tappi degli spumanti gli aumenti sono nell’ordine del 20% ma per le etichette e per i cartoni di imballaggio si registrano rispettivamente rincari del 35% e del 45%, secondo l’analisi Coldiretti.
“E’ del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di alcolici/superalcolici, tipico dei Paesi nordici, al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità e a più bassa gradazione come vino e birra che, in Italia, sono diventati l’emblema di uno stile di vita lento, sociale e attento all’equilibrio psico-fisico– precisa il presidente Coldiretti Asti Marco Reggio.
Dal Convegno del Vino e Salute in svolgimento oggi a Napoli, anche il Nutrizionista Clinico e Medico Dietologo, nonché Presidente del Comitato Nazionale Sicurezza Alimentare del Ministero della Salute Giorgio Calabrese esprime la sua contrarietà. “Un calice di vino rosso ai pasti non fa assolutamente male; anzi, il vino ha molte proprietà benefiche – sottolinea lo scienziato dell’alimentazione. – Ne sono un esempio: l’Idrossitirosolo, la molecola antiossidante, contenuta anche nell’olio extra vergine di oliva, che conferisce importanti proprietà anti-invecchiamento; i Flavonoidi e i Polifenoli che sono potenti antiossidanti; il Resveratrolo, che agisce come antiossidante e antimutageno inibendo la proliferazione delle cellule tumorali; la Quercitina, che presenta caratteristiche strutturali che conferiscono un’importante attività di radical scavenging. La differenza tra vino e alcolici/superalcolici è sostanziale: il vino è un alimento liquido con un po’ di alcol, mentre gli alcolici/superalcolici sono alcol con un po’ di altro. Il segreto è bere correttamente”.
“Pertanto, l’Europa non può prendere decisioni di questa portata in una forma semplicistica e generalizzata senza entrare puntualmente nel merito di quantità e gradazioni, rischiando di criminalizzare ingiustamente e compromettere gravemente una produzione, invece, di pregio e di qualità equiparata ad alimento, per altro, rientrante nel Patrimonio Unesco qual è la Dieta Mediterranea – aggiunge il Direttore Coldiretti Asti Diego Furia.
Per l’Italia si tratta di difendere un settore del Made in Italy che fattura complessivamente 14 miliardi di euro e offre opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone nei più diversi ambiti, grazie ad una produzione – sottolinea la Coldiretti – destinata per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola. Il consumo pro capite in Italia si attesta – conclude la Coldiretti – sui 33 litri all’anno con una sempre maggiore attenzione alla qualità, alla storia del vino, ai legami con i territori che spingono italiani e stranieri anche alla scoperta di cantine e aziende.