Nel corso del presidio, Amnesty International – Asti ha esposto un intervento sulla urgenza del cessate il fuoco e dello stop all’invio di armamenti che alimentano il conflitto israelo-palestinese e la strage in corso a Gaza. “Questa mobilitazione globale, organizzata dalla società civile e da una coalizione di Ong a livello internazionale che collaborano alla campagna globale #Ceasefirenow, vuole sensibilizzare sull’impatto devastante che questi trasferimenti di armi hanno sui diritti umani, in particolare nella Striscia di Gaza, dove i civili sono le principali vittime di violenza. La richiesta è che i governi di tutto il mondo fermino il trasferimento di armi verso Israele, sottolineando l’importanza del rispetto del diritto internazionale e della protezione dei civili. Amnesty International ha da tempo chiesto un embargo completo sul trasferimento di armi a Israele, così come verso Hamas e altri gruppi armati coinvolti nella guerra nella Striscia di Gaza. Le forze armate israeliane hanno condotto attacchi illegali a Gaza, inclusi attacchi indiscriminati, contribuendo a una perdita impressionante di vite umane e a vasti danneggiamenti e distruzioni di infrastrutture civili. Le ricerche di Amnesty International hanno documentato l’uso di armi fornite dagli Stati Uniti a Israele per condurre attacchi aerei illegali che hanno causato numerose vittime tra i civili. Dopo che la Corte di giustizia internazionale ha affermato che c’è un rischio concreto e imminente di genocidio a Gaza e considerando l’obbligo, previsto dal diritto internazionale, di tutti gli stati di prevenire il genocidio, i governi che continuano a fornire armi a Israele rischiano di violare la Convenzione sul genocidio”.
Successivamente ha preso la parola un rappresentante di Banca Etica. “In questo periodo questa banca sta conducendo una importante campagna di informazione sul rischio di svuotamento della legge 185/90 che regola l’export di armi. Questo intervento ha messo in luce le manovre del governo attuale che mirano a cancellare i meccanismi di trasparenza e controllo parlamentare sul commercio e le esportazioni di armi e sulle banche che finanziano tali operazioni. Con una fretta inconsueta e degna di miglior causa e approfittando della distrazione della stampa e dell’opinione pubblica, il disegno di legge è stato approvato in tempi record prima in commissione e poi in aula al Senato. Il provvedimento è ora all’esame della Camera. Sarà esaminato prima dalle commissioni riunite Esteri e Difesa e si prevede che arriverà in aula a maggio: chiediamo ai deputati di approvare modifiche alla norma per ripristinare il controllo del Parlamento sull’export di armi e sulle banche che fanno affari con tali operazioni. La legge 185/1990 sull’export di armi – che ora si vuole smantellare in nome della rapidità nelle operazioni militari e della sburocratizzazione – poneva l’Italia all’avanguardia, con una forte attenzione verso il rispetto delle convenzioni internazionali specialmente per quanto riguarda le vendite a Paesi in conflitto o che violano i diritti umani, e imponeva alle banche di rendere noti al Parlamento i finanziamenti e i servizi che rendono tali operazioni possibili. Per fermare lo svuotamento della Legge 185, un coordinamento composto da Gruppo Banca Etica, Rete Pace e Disarmo e Libera contro le Mafie insieme ad altre organizzazioni della società civile, tra cui molte realtà socie di riferimento di Banca Etica, chiedono di mobilitarsi per dire no all’approvazione definitiva delle modifiche che cancellerebbero ogni forma di trasparenza e di controllo da parte del Parlamento, dei cittadini e dei risparmiatori sugli affari delle industrie belliche e delle banche che le affiancano.Non vogliamo rassegnarci al fatto che sia solo il profitto di pochi a dover guidare le scelte sull’export di armi e invitiamo tutte e tutti ad agire al nostro fianco per fermare lo svuotamento della Legge 185/90. Gli investimenti in armi non possono essere dichiarati sostenibili”.
Ci sono state, inoltre, diverse e significative testimonianze di obiettori ed obiettrici al servizio militare ed alle spese militari che hanno raccontato ai presenti le loro scelte e le loro esperienze passate e attuali, per una cultura basata sul dialogo e sulla nonviolenza.
Di seguito le richieste della campagna globale GDAMS 2024:
– Chiediamo ai governi di ridurre le spese militari e di affrontare invece le pressanti sfide globali che richiedono tutte le risorse disponibili. Dobbiamo denunciare gli interessi e le pressioni nascoste del complesso militare-industriale.
– Chiediamo sforzi reali per il disarmo globale, per fermare il commercio di armi e per cessare le spedizioni di armi ai Paesi in conflitto. È tempo che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si impegni a definire una data e una struttura definitive per una quarta sessione speciale sul disarmo, considerando che l’ultima sessione risale a 36 anni fa e che gli Stati hanno trascurato la loro responsabilità e il loro dovere di perseguire il disarmo attraverso il quadro delle Nazioni Unite.
– Chiediamo ai governi di dare priorità alla giustizia rispetto ai profitti derivanti dal commercio di armi e in particolare, li invitiamo a cessare la fornitura e l’acquisto di armi da e a Israele e a utilizzare tutti i mezzi esistenti per spingere verso un cessate il fuoco e la fine del genocidio a Gaza.
– Chiediamo una discussione sincera e attiva su architetture di sicurezza internazionali e regionali nuove e reattive, basate sulle idee di base della sicurezza comune e sulla Nuova Agenda per la Pace del Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres. Da Gaza al Sudan al Myanmar, i conflitti non saranno risolti con mezzi militari. Chiediamo un cessate il fuoco globale; la logica della pace deve prevalere su quella della guerra.
– Chiediamo una nuova geopolitica che si lasci alle spalle guerre e violenza, creando strutture di governance globale in un ambiente di cooperazione e dialogo. Deve fiorire una nuova era post-violenta, basata su una cultura di pace, su principi femministi e su una risoluzione dei conflitti basata sul dialogo.
– Chiediamo ai governi di agire ora. È urgente un vero piano di decarbonizzazione. Denunciamo inoltre le grandi imprese dell’industria fossile che hanno dirottato e cooptato i governi mondiali.