ASTI – A quasi quattro anni dal tragico episodio, avvenuto il 19 dicembre 2014, hanno un nome e un volto i membri della banda che tentò di mettere a segno una rapina a mano armata nella tabaccheria di corso Alba gestita dal trentasettenne Manuel Bacco e dalla moglie Cinzia. Un episodio criminoso che, come ricorderete, purtroppo si concluse con la morte del commerciante, colpito da due colpi di pistola al petto mentre cercava di difendere la moglie.
In questi anni, i carabinieri del Comando Provinciale di Asti – ed in particolare gli investigatori dei militari del Nucleo Investigativo, che hanno materialmente gestito l’indagine, coordinata per la Procura della Repubblica dalla dott.ssa Laura Deodato – hanno messo insieme i pezzi di un complesso puzzle che li ha infine portati ad individuare tutti e cinque i membri della banda, raggiunti da ordinanze di custodie cautelari in carcere per omicidio, tentato omicidio, rapina pluriaggravata, detenzione e porto illegale di armi.
Manuel Bacco, la conferma si è avuta dalle risultanze investigative, è effettivamente morto in conseguenza di una rapina finita male e che, secondo quanto appurato dai carabinieri, nelle intenzioni della “mente” della banda, che avrebbe agito sulla spinta di pesanti problemi economici, avrebbe dovuto essere la prima di una più lunga serie. Immediatamente interrotta, come ovvio, in conseguenza del tragico epilogo del primo colpo tentato.
Sulla base delle indagini effettuate – un lavoro certosino, che ha visto anche il supporto tecnologico dei Ris di Parma, cui è stato inviato un passamontagna che la moglie della vittima ha rinvenuto poco fuori dalla tabaccheria – a capo della banda vi sarebbe stato Antonio Guastalegname, pregiudicato di origini calabresi ma residente da quasi vent’anni a Castello d’Annone, che ha materialmente pensato e organizzato il colpo. Cui ha preso parte suo figlio Domenico, 25 anni, incaricato di guidare una delle due auto (una Panda e una 500, entrambe prese a nolo dai Guastalegname e riconsegnate la mattina successiva l’omicidio) usate per il colpo. Al volante dell’altra vettura, sempre secondo i carabinieri, sedeva il 40enne astigiano Fabio Fernicola, che avrebbe “consigliato” ai complici di colpire quello specifico esercizio commerciale che lui ben conosceva in quanto, essendo residente nei pressi, ne era cliente.
Mentre gli esecutori materiali del colpo finito malissimo sono Giuseppe Antonio Piccolo, pregiudicato 27enne residente a Nicotera (Vibo Valentia) chiamato ad Asti per partecipare alle rapine in programma, e il 25enne Jacopo Chiesi, incensurato residente a Castello d’Annone che gravitava intorno alla famiglia Guastalegname.
Proprio quest’ultimo, all’epoca appena ventunenne, è ritenuto l’autore materiale dell’omicidio. Maturato in seguito al tentativo del commerciante di difendere la moglie, che si trovava dietro il bancone della tabaccheria al momento dell’irruzione dei rapinatori.
In quei concitati momenti – dopo aver esploso due colpi in aria, probabilmente per far comprendere la loro pericolosità – il Chiesi ha sparato due colpi di pistola contro il commerciante, uccidendolo sul colpo.
Subito dopo la rapina, evidentemente resisi conto della gravità di quanto appena accaduto, i rapinatori si sono dileguati, lasciando però numerose tracce dietro di sé.
Ad iniziare dal citato passamontagna, sul quale, grazie alla comparazione di numerosi profili di DNA effettuata presso i laboratori dei Ris, è stato incontrovertibilmente individuato del materiale genetico appartenente al Chiesi e tracce riconducenti ad altri due soggetti coinvolti nella rapina.
Altro elemento che ha consentito di chiudere il cerchio sui rapinatori sono state le due auto, riprese dalle telecamere di sicurezza di un vicino distributore di benzina sia nei giorni precedenti il colpo finito male e sia la sera stessa, come detto incautamente noleggiate a proprio nome dai Guastalegname.
Su queste basi, gli investigatori hanno stretto sempre più il cerchio intorno ai principali sospettati, analizzando anche le loro celle telefoniche per appurare dove si trovavano nei minuti in cui accaddero i fatti oggetto d’indagine e, nel caso del Chiesi, appurando dalla cronologia del suo computer che la sera stessa della rapina fece una ricerca su internet per cercare articoli attinenti il fatto. Comportamento se non altro anomalo per chi, come lui, prima e dopo non aveva mai dimostrato particolare interesse per fatti di cronaca, sia locali che nazionali.
Ma l’elemento che lo ha incontrovertibilmente e definitivamente inchiodato alle sue responsabilità è emerso nel corso delle perquisizioni domiciliari effettuate (17 in totale, che si sommano al prelievo di oltre 50 campioni biologici ai fini comparativi), quando i militari hanno rinvenuto e sequestrato dei proiettili dello stesso lotto di quelli usati per la tragica rapina.
A seguire, uno stralcio delle riprese effettuate la sera del delitto dalle telecamere di videosorveglianza installate in zona.