Per aspera ad astra: Andrea Gallo ha sfidato i ciclisti più veloci del pianeta con una bici “spaziale”

NEVADA – La famosa frase latina citata nel titolo, traducibile con “attraverso le asperità sino alle stelle”, è una sorta di augurio a superare ogni limite, a fare sempre meglio e a raggiungere i risultati sperati. Non a caso la storia che leggerete ha in qualche modo a che fare con la “sfera celeste”: vi parleremo di PulsaR (stella pulsante) e Taurus (costellazione del Toro), prototipi di biciclette reclinate dall’aspetto decisamente spaziale, con i quali sono stati stabiliti i record italiani di velocità, rispettivamente nel 2016 e nel 2018.

Ma soprattutto dell’ingegner Andrea Gallo, il 30enne astigiano che li ha ottenuti entrambi, e che punta a superare ogni volta i suoi limiti per raggiungere e abbattere, prima o poi, il record mondiale di velocità massima su terra con veicoli a propulsione umana. Con Gallo pilota, infatti, il “Team Policumbent” partecipa da alcuni anni al “World Human Powered Speed Challeng”, una competizione a livello mondiale nel deserto del Nevada, negli Stati Uniti. E proprio lì, martedì 11 settembre, il capo-progetto Gallo – cicloamatore molto conosciuto nel panorama delle granfondo italiane – in sella a Taurus ha raggiunto, senza nessun aiuto né motore, l’incredibile velocità di 133,25 km/h in piano. Dentro la Notizia lo ha intervistato.

Chi progetta i prototipi?
Il “Team Policumbent”  http://www.policumbent.it/ una squadra composta da studenti del Politecnico di Torino, orientata alla progettazione e alla realizzazione di veicoli reclinati a propulsione umana e alla guida dei prototipi creati. Il gruppo universitario è coordinato da Paolo Baldissera, ricercatore del Politecnico, che ha ideato e fondato il team a fine 2009. I prototipi vengono studiati e sviluppati per ottenere performance ai limiti delle possibilità umane, sfruttando l’energia delle gambe. Un lavoro meticoloso e minuzioso, frutto di ore infinite di prove e ricerche. Sono parte del Team dal 2011; come capo-progetto ho seguito in prima persona la fase di progettazione dei prototipi e nel 2015 ho realizzato il sogno di partecipare per la prima volta al “World Human Powered Speed Challeng”. Quell’anno raggiunsi i 116.19 km/h su PulsaR, migliorati l’anno seguente a 126.90 km/h (record italiano). Nel mentre iniziammo a progettare Taurus, con il quale nel 2017 toccai i 122.32 km/h, un risultato inficiato dalle condizioni meteo e dalla non ottimizzazione del prototipo appena costruito.

Com’è il campo gara del Nevada?
Il campo di gara è perfetto: il tratto stradale della “SR 305”, che da Battle Mountain conduce a sud verso Austin, su un altopiano desertico a circa 1400 metri sul livello del mare, offre un rettilineo infinito e senza ostacoli, con un asfalto molto liscio e scorrevole e una pendenza media dello 0,64%.
L’aria secca e rarefatta e le condizioni climatiche generalmente buone del Nevada sono poi elementi favorevoli alla velocità, per questo dai primi anni 2000 la gara si tiene sempre lì. All’inizio l’evento interessava per lo più i team di privati, che si costruivano e partecipavano con il proprio prototipo. Nel tempo, i team universitari del mondo hanno preso il sopravvento e dimostrato, di anno in anno, i risultati degli sviluppi tecnologici ottenuti con passione e dedizione continua.

Come si svolge la competizione?
La durata totale della sfida è di una settimana, ed è divisa ogni giorno in due parti: la prima al mattino (alle 8) e la seconda alla sera (alle 18). Questi sono i migliori momenti della giornata con vento minimo e con maggiori possibilità di convalidare qualsiasi record. I ciclisti devono guidare 5 miglia per raggiungere la loro velocità massima e la zona di cronometraggio lunga 200 m. Quest’anno ho scelto di andare in trasferta una settimana prima, per acclimatarmi e assorbire le 9 ore di fuso orario. E dopo aver capito appieno la potenzialità di Taurus, l’11 settembre ho raggiunto i 133.25 km/h che hanno valso il record italiano, ma sapevo di poter fare di più. Nei giorni seguenti ho spinto al massimo, ma il tempo non bello ha condizionato la velocità e non sono riuscito a migliorare.

Com’è fatta la “bicicletta”?
Quest’anno abbiamo riprogettato completamente e ottimizzato Taurus anche grazie alla “Arol”, l’azienda di Canelli per cui lavoro, che ha realizzato nuovi componenti interni.
Il prototipo ha una scocca, una carenatura esterna fatta in fibra di carbonio laminazione sandwich, una struttura già di per sé portante. All’interno c’è un telaio sempre in fibra di carbonio, con una cella di sopravvivenza e una roll-bar per proteggermi in caso di ribaltamenti o incidenti in genere. Sempre nel 2018 abbiamo costruito le ruote monoscocca in fibra di carbonio e abbiamo apportato diversi aggiornamenti anche sull’elettronica di bordo, miglioramenti che hanno ridotto il peso del prototipo di ben 8 kg, passando da 39 a 31 kg. Il tutto per essere più veloci possibile.

Perché si chiama Taurus?
Taurus è un omaggio alla città di Torino, ma è anche il nome della costellazione del Toro, un nome ricercato e legato alla sfera celeste come il prototipo precedente, PulsaR, dedicato alla stella di neutroni.

Come si allena?
Sono uno sportivo 365 giorni l’anno, cerco sempre di essere il più performante possibile e di tenere il fisico sotto controllo. Partecipo a gare ciclistiche (tra le altre, ha vinto per 7 anni di fila la granfondo internazionale Bra-Bra, ndr) nazionali e internazionali, poi a luglio stacco con la classica bici per iniziare ad allenarmi con la reclinata, in vista della competizione del Nevada che richiede uno sforzo non da endurance ma di esplosività. Questo significa rinforzare le fasce muscolari che sono necessarie per spingere più forte negli 8 km di gara. Nel periodo dunque mi alleno ogni giorno sia all’esterno con la reclinata sia in palestra per aumentare la massa muscolare.

Il record mondiale è lontano?
Il record è molto alto ed è detenuto dal 2016 dal canadese Todd Reichert con 144.17 km/h.
Con questa prestazione, l’ingegnere aeronautico Reichert, lavorando in collaborazione con l’Università di Toronto, ha fatto davvero la differenza, perché il secondo tempo mondiale è pari a 133.78 km/h, nonché record europeo. L’obiettivo di quest’anno era di entrare nel divario creato negli ultimi anni, ma purtroppo lo abbiamo mancato per soli 0.50 km/h, nonostante i nostri modelli di calcolo indicassero raggiungibili i 135-136 km/h. Ci siamo ispirati al prototipo di Reichert e ne abbiamo carpito i segreti aerodinamici, ma stiamo andando avanti con le nostre idee, sviluppando il nostro prodotto. Non siamo riusciti a raggiungere il target prefisso, ma non siamo certo delusi: abbiamo vinto la competizione e siamo quarti assoluti mondiali. E il prossimo anno miglioreremo, pronti a superare i nostri limiti una volta in più.

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